8.0
- Band: HIGH ON FIRE
- Durata: 00:57:43
- Disponibile dal: 19/04/2024
- Etichetta:
- MNRK Heavy
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Gli High On Fire di Matt Pike hanno ormai raggiunto il ragguardevole traguardo dei venticinque anni di attività e, dopo aver incassato un inaspettato Grammy Award, tornano sulla scena con l’ennesima mazzata, intitolata “Cometh The Storm”.
I nostri non sono una di quelle band che pubblica un disco ogni due anni, riaffacciandosi sul mercato solo quando hanno veramente qualcosa da dire: il nuovo album non smentisce questa filosofia e ci restituisce una band in splendida forma, capace di confermare tutto ciò che di buono avevamo ascoltato negli scorsi lavori, incluso l’ultimo “Electric Messiah”, ma portando ancora una volta nuove sfumature ad un sound a base di stoner/sludge che resta sempre devastante.
La voce e la chitarra di Matt Pike sono inconfondibili: potenti e viscose come sempre, avanzano ora con il fragore di una slavina, ora più lentamente, ma con la stessa inesorabile ineluttabilità. Di fianco a Pike, leader e mastermind della band, troviamo però un contributo sempre più centrale da parte di Jeff Matz: il bassista, come ci ha raccontato nell’intervista che leggerete prossimamente sulle nostre pagine, ha contribuito in maniera ancora maggiore alla nascita di questo disco, portando idee e riff, suonando la seconda chitarra (cosa già fatta in “Electric Messiah”) e portando con sé anche tutta una serie di influenze mediorientali, frutto dalla sua recente fascinazione per il baglama – detto anche saz – un strumento a corde simile ad un liuto, chiamato anche chitarra saracena. Il terzo elemento degli High On Fire, invece, si chiama Coady Willis ed è la novità di “Cometh The Storm”: il batterista, infatti, ha iniziato la sua avventura in seno alla formazione statunitense da poco tempo, caricandosi sulle spalle il difficile compito di sostituire in maniera efficace Des Kensel, uno dei membri fondatori della band.
Il disco si apre alla grande con “Lambspread”, sintesi perfetta di quanto detto finora, un grezzo concentrato di metallo incandescente con un retrogusto orientale gentilmente offerto, appunto, dal saz di Jeff. Ottima la scelta del primo singolo, “Burning Down”, che recupera lo spirito più tipicamente stoner degli esordi; mentre “The Beating” è il classico pugno nello stomaco, meno di tre minuti che picchiano senza sosta lasciando senza fiato.
La tracklist prosegue quindi su questa falsariga, alternando momenti più rozzi (“Lightning Beard”), ad altri più stratificati e complessi, come la lunga “Darker Fleece”, che sfiora i dieci minuti di durata, con un taglio epico e minaccioso che non è mai mancato in quanto prodotto dal gruppo. Impossibile chiudere, infine, senza citare la title-track, giustamente scelta come secondo singolo, e soprattutto “Trismegistus”, una gemma priva di imperfezioni che rappresenta il meglio del sound degli High On Fire odierni. Per chi ama le contaminazioni, infine, segnaliamo “Karanlık Yol”, composizione strumentale giocata quasi interamente sul baglama di Jeff Matz, che omaggia in maniera diretta la musica tradizionale dell’Anatolia.
“Cometh The Storm” è l’ennesima conferma del valore degli High On Fire, una band che fino ad oggi non ha sbagliato un colpo e che è riuscita a mantenere una coerenza stilistica invidiabile, senza mai scadere nella stanca ripetizione di se stessa. Se avete apprezzato il precedente “Electric Messiah”, questo nuovo lavoro non potrà che conquistarvi, riuscendo a fare ancora meglio grazie ad un sound granitico e sfaccettato al tempo stesso. Uno dei dischi dell’anno, senza alcun dubbio.