7.0
- Band: HIRAES
- Durata: 00:45:11
- Disponibile dal: 26/01/2024
- Etichetta:
- Napalm Records
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Se siete appassionati di calcio avrete sicuramente presente quei giocatori, spesso definiti ‘giovani promesse’ a prescindere dall’effettiva carta d’identità, che vedono il campo col contagocce stante l’inamovibilità dei titolari davanti a loro (citiamo ad esempio Frattesi e Asllani nel centrocampo dell’Inter). Ecco, la situazione degli Hiraes è grossomodo la stessa: se pur discograficamente giovani, sono già maturi – “Dormant” è il loro secondo full-length, ma la band nasce dalle ceneri dei Dawn Of Disease con l’aggiunta della cantante Britta Görtz – eppure a livello mediatico sono condannati a vivere all’ombra degli Arch Enemy, viste le evidenti similitudini sia in termini di sonorità che di formazione.
Come il precedente “Solitary” anche questo album si presenta bene fin dalla copertina e parte subito in quinta con una doppietta (“Through The Storm” e “We Owe No One”) che farà felici tutti gli amanti del melodic death classico e moderno allo stesso tempo: con un tiro micidiale, assoli a profusione e un pizzico d’influenza metalcore, la band teutonica dimostra di aver fatto propria la lezione di mastro Ammott senza per questo risultare un mero clone della band di Alissa White Glutz, così come Britta dall’alto delle sue quarantasei primavere (quasi coetanea della connazionale Angela Gossow) dà la paga a molte colleghe più giovani, con uno scream incisivo ma sempre comprensibile.
Tutto bene dunque? Sì ma con un paio di punti d’attenzione, perché se con il motore a pieni giri le cose vanno alla grande (“Chance To Fail”, “Ocean Child”), viceversa quando la band scala le marce (“Undercurrent”, la prima metà ‘siderurgica’ di “Red Soil”) il risultato è meno incisivo, e anche il saltuario ricorso al cantato pulito risulta come una variazione sul tema inserita un po’ forzatamente. Ben venga dunque il break strumentale di “Come Alive”, utile a spezzare la tensione prima di un finale nuovamente su di giri, tra la cattiveria senza compromessi di “Nightflight” (in cui il baricentro si sposta più verso gli Hypocrisy) e il martellamento ritmico della title-track.
Gli Hiraes non saranno la formazione più originale o eclettica della moderna scena melo-death, ma sul giro singolo possono giocarsela più o meno con tutte le band coetanee.