7.5
- Band: HIRAX
- Durata: 00:21:45
- Disponibile dal: 28/02/2025
- Etichetta:
- Armageddon Label
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Lavori in casa? Dovete forare i muri ma vi trema la mano? Tranquilli, se vi serve una trapanata intracranica, così da farvi entrare con grinta nel giusto mood edilizio, ci pensano Katon W. De Pena e i suoi Hirax. Poco più di venti minuti per mettere a piano le regole base di un vero e proprio assalto speed-crossover-thrash; poche storie, pochissimi giri di parole, menare riff, pestare di brutto e scapocciare all’infinito.
Per festeggiare al meglio i quarant’anni di carriera, la band californiana ha letteralmente messo il turbo (non che in passato avesse mai tirato il freno a mano), scaraventandoci in piena mascella nove mattonelle con la scritta “Faster Than Death” (titolo semplicemente appropriato) a chiudere lo spericolato cofanetto. Un album – giusto per farne una breve cronistoria – la cui pubblicazione era già in programma lo scorso anno tanto che nel mese agosto venne rilasciato, in edizione limitata, l’omonimo EP con al suo interno quattro brani, riproposti oggi nel nuovo e più ‘lungo’ formato; non solo, nel 2023 era stato pure pubblicato un demo contenente praticamente tutti i brani, che lasciava quindi presagire l’imminente nuova uscita.
Smerigliato da una produzione ‘come dio comanda’, dove tutto fila liscio secondo i dovuti canoni (acciaio, sudore e senza plastica, per capirci), “Faster Than Death” rasenta, da una parte, quanto richiede la società moderna: il tutto e il subito (la sua durata ne è la perfetta testimonianza), ma dall’altra, la forza che sprigiona lo porta a travalicare l’effimero imperante di oggigiorno, unendo passato e presente con uno slancio prepotente verso il futuro.
La potenza vocale di Katon, il susseguirsi di mid/uptempo, il perforare di riff è figlio di quegli anni ’80, dove Exodus, Razor, Nuclear Assault, Anthrax, D.R.I, e gli stessi Hirax facevano amichevolmente a pugni per elevare il tasso di aggressività ed energia, fregandosene dell’immagine, dei ‘like’ o di altre questioni social.
Una passione rimasta invariata a distanza di quattro decadi (o tre se calcoliamo la pausa tra gli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio), certificata dalla prestazione dello stesso De Pena, tanto coinvolgente in sede live quanto massiccio e totalizzante su disco. E’ quindi un piacere salire a bordo della ferruginosa auto presente in copertina, ricoperta di filo spinato, bardata di teschi, con tanto di ruote spuntonate e mitragliatrice sopra la capotta, mentre un avvoltoio guida minaccioso dall’alto l’offensiva.
Acceso il motore, è un susseguirsi fulmineo di riff, in cui “Drill Into The Brain” rappresenta l’efficacia siderale dell’intero pacchetto, con “Armageddon” a riportarci alla storica “Deathrider”; veniamo presi a spallate dalla folle “Drowned Bodies” e dalla stessa titletrack, lasciando a “Relentless” il ruolo pezzo più violento, prima che “Warlord’s Command” assesti il colpo decisivo con i suoi due minuti e mezzo di sopraffina pesantezza, riaffermando così il legame ai primissimi vagiti della band (una versione ancor più folle della canzone era infatti già presente nel disco d’esordio targato “Raging Violence”).
Sempre un piacere mettersi all’ascolto degli Hirax, i quali nel frattempo hanno rivisto la line-up per quanto riguarda gli show dal vivo: se in studio di registrazione hanno di fatto marcato il punto il chittarrista/bassista Neil Metcalf e il batterista Danny Walker, per le prossime esibizioni live sono stati arruolati Allan Chan alla sei corde, Jose Gonzalez al basso ed Emilio Marquez, già drummer dei Possessed.
A proposito, se “Faster Than Death” vi sembra troppo breve, fidatevi, sarà un susseguirsi di ‘replay’.