7.5
- Band: HISSING
- Durata: 00:38:22
- Disponibile dal: 15/07/2022
- Etichetta:
- Profound Lore
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Tra ferocia e devianza, compiendo acrobazie sopra il concetto di annichilimento death metal, la nuova prova degli Hissing porta avanti il discorso iniziato con il debut album “Permanent Destitution”, vecchio ormai di quattro anni, portandoci in un mondo teso e ancora più ombroso, dove la destrutturazione di certe classiche impalcature soniche è spesso la regola. Il trio statunitense confeziona un’altra opera inquieta, stilisticamente accostabile agli ormai imprescindibili Portal, tuttavia questa volta si percepisce una sintonia tra i musicisti più sviluppata e, in generale, un songwriting ulteriormente raffinato. A volte i dischi di questo particolare filone, spesso visti come espressioni di pura instabilità, sono accusati di eccessiva freddezza o astrazione, ma tutto sommato questo non è il caso di “Hypervirulence Architecture”. Grazie a una maggiore cura nell’alternanza fra pieni e vuoti e nella variazione delle ritmiche – evidente soprattutto nella lunga “Operant Extinction” – si sente la volontà del gruppo di proiettarsi in un universo sonoro certo crudo ma al contempo avvolgente, in cui le dissonanze sono presenti ma non perennemente ardite, e certi temi atmosferici suggestivi sin da un primo ascolto. Chiaramente bisogna essere almeno un po’ allenati e possedere già una certa infarinatura di questa sorta di nervoso post-death metal figlio in primis della succitata creatura australiana per cogliere alcune di queste sfumature e per trovare i vari guizzi di personalità nell’operato della band: l’album, del resto, si snoda algido tra sentieri impervi, costellati di mille insidie, tuttavia il lavoro di chitarra sa qui rivelarsi anche sinuoso, disegnando fraseggi più emotivi, sfidando l’ascoltatore senza esagerare. Come era stato per il debut, la produzione brilla per organicità e pienezza, fungendo da ideale supporto per un un suono che sa essere ostinato e notevolmente percussivo, ma anche duttile a sufficienza per fare intravedere il tocco dei musicisti. Interessante, ad esempio, il lavoro della sezione ritmica, che, senza mai strafare, tra batteria e basso realizza figure apparentemente semplici ma piuttosto ricercate, oltre a mettere in mostra un’irruenza quasi animalesca in certi tratti. Talvolta il lisergico tema iniziale viene poi trasfigurato da una chitarra molto più concreta, la quale sfodera riff angolari riconducibili ai maestri Immolation che impongono momentaneamente un ritorno ad un impatto più classico, lontano da quel rovesciamento di tutti gli stilemi architettonici e da quella discesa nel maelstrom tanto bramati dalla band.
“Hypervirulence Architecture” non introduce forse nulla di particolarmente avanguardistico in questo vasto, deviato e al contempo sempre più codificato panorama, ma è un lavoro che cresce parecchio con gli ascolti e che segnala un ulteriore passo in avanti per gli Hissing, qui capaci di guardarsi dentro, di scoprire profondità vertiginose, ma anche di architettare vie di fuga sapientemente modulate, per un risultato finale di tutto rispetto.