6.5
- Band: HOLLYWOOD UNDEAD
- Durata: 00:47:00
- Disponibile dal: 31/03/2015
- Etichetta:
- Interscope Records
- Distributore: Universal
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Strofe pseudo gangsta-rap, quatto riff metal ribassati, un po’ di elettronica dancefloor, cori da American Idol, maschere da guerriglia urbana, lyrics degne degli sceneggiatori di Jersey Shore e abbondanza di tette & culi nei video: con questi semplici elementi, in larga parte ripescati dal meglio / peggio della scena nu di fine anni ’90, gli Hollywood Undead hanno saputo conquistarsi fin dagli inizi un largo seguito soprattutto negli States, figurando invece come gruppo ‘per cultori’ nel vecchio continente. Chi scrive, fiero di appartenere a questa ristrette cerchia, attendeva con una certa impazienza l’uscita di “Day Of The Dead”, quarto album che però, diciamolo subito, fa registrare un piccolo ma significativo passo indietro nella discografia del sestetto losangelina, finora andata sempre in crescendo. Archiviate quasi del tutto le atmosfere linkinparkiane di “American Tragedy” e la maturità del precedente “Notes From The Underground”, Charlie Scene e compagni sembrano voler riprendere in quest’occasione le atmosfere più scanzonate del debutto, senza però quella freschezza (effetto sorpresa?) e quell’adrenalina che tanto ci avevano ben impressionato nel 2008. Intendiamoci, eccezion fatta per un paio di pezzi – l’orrenda “Does Everybody In The World Have To Die”, tra le peggiori cose sentite nel 2015, e “Disease”, sorta di omaggio/plagio alla bellissima gente del Reverendo Manson -, quello che ci troviamo tra le orecchie non è un brutto disco, ma semplicemente non regge il confronto con i suoi illustri predecessori. Ciò premesso, gli amanti di questo tipo di sonorità avranno comunque di che divertirsi con la più classica tripletta di apertura – dove trovano posto i singoli “Usual Suspects”, “How We Roll” e la title-track, con tanto di banjo all’altezza del bridge -, e party song californiane come “War Child”, “Gravity”, “Party By Myself” e “Live Forever”, sorta di versione riveduta e corretta degli Sugar Ray in salsa nu-metal. Eravamo indubbiamente abituati meglio ma, pur segnando il punto più basso della loro carriera, “Day Of The Dead” resta comunque un dischetto da avere per i die hard fan di questo tipo di sonorità.