7.0
- Band: HOLY MARTYR
- Durata: 00:48:48
- Disponibile dal: 10/03/2017
- Etichetta:
- Dragonheart
- Distributore: Audioglobe
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Sono passati ben sei anni da “Invincible”, convincente terzo disco degli Holy Martyr che ci aveva lasciato il ricordo di una band matura e in grado di comporre un epic metal ottantiano decisamente competitivo sulla scena internazionale. Con una formazione rimaneggiata, che vede ora alla chitarra Paolo Roberto Simoni e il batterista Stefano Lepidi, il gruppo rientra in corsa con il nuovo “Darkness Shall Prevail”, un disco incentrato sull’universo di Tolkien e dal sound immutatamente legato al metal epico di primi Manowar, Manilla Road o Warlord, ossia privo di quegli orpelli, sinfonie, cori multistratificati e produzioni da colonna sonora di un colossal che oggi si è soliti associare ad un disco “epico”. L’intro “Shores Of Elenna” lascia spazio al brano più di presa dell’intero lotto, ovvero “Numenor”, battagliera ed eroica traccia che racchiude tutti gli elementi che da sempre contraddistinguono il gruppo. Atmosfere evocative, molta melodia sia sulle linee di chitarra che su quelle vocali e una buona prestazione del cantante Alex Mereu rendono il brano particolarmente efficace. Unica imperfezione la notiamo sulle seconde voci che appaiono piuttosto deboli, e forse dei cori un tantino più corposi non avrebbero guastato. Il disco prosegue con una serie di brani di discreta fattura, tra cui spiccano la più sostenuta cavalcata “Heroic Deeds”, e la più lenta e melodica “The Dwarrowdelf”, nella quale evidenziamo anche dei buoni inserti di chitarra solista. Meno convincente solo “Taur Nu Fuin”, per via soprattutto di una struttura un po’ troppo dilatata e di un ritornello ridondante e privo di mordente. La conclusiva e trascinante “Born Of Hope” chiude il lavoro tra ritmiche serrate e chorus vincenti e non certo banali. La produzione è ben curata, con suoni adeguatamente caldi e ‘reali’, decisamente in linea con il sound tradizionale del gruppo. “Darkness Shall Prevail” è dunque un lavoro sostanzialmente in linea con i precedenti e un buon esempio di come nel 2017 si possa fare epic metal vero senza inventare nulla ma anche senza scadere nel banale o nel già sentito e questa, quarant’anni dopo la fondazione di questo sottogenere del metal, non è certo cosa da poco.