6.5
- Band: HOLYCIDE
- Durata: 00:38:56
- Disponibile dal: 06/06/2024
- Etichetta:
- Xtreem Music
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E poi c’è Dave Rotten, il quale, in barba a tutte le mode del momento, per celebrare al meglio la ‘Giornata mondiale degli Slayer’ (lo scorso 6 giugno per chi non lo sapesse), ha deciso di pubblicare il nuovo lavoro della sua creatura thrash metal Holycide, per la propria etichetta Xtreem Music. E come già avvenuto nei due album precedenti, in aggiunta all’ultimo EP “Bazookiller” (un nome un programma), il piano d’azione del cantante spagnolo, è il medesimo: annichilimento totale, a suon di riff, uno via l’altro, senza tregua, avvalorando ulteriormente la copertina creata dall’artista ucraino Daemorph, in cui il nostro cyber-rambo del futuro, dopo aver raso al suolo i mali della società a suon di mitragliate (“Annihilate…Then Ask!”) e preso a pugni il politico di turno (“Fist To Face”), fa letteralmente piazza pulita, incendiando a dovere l’ipocrisia che pervade ormai il mondo di oggi, sempre più fisso e nascosto nel mondo social, continuando a marciare come un perfetto automa, attraverso piogge di proiettili e fumi cancerosi.
Da qui l’odierno, “Towards Idiocracy”: una sentenza sonora di dieci brani, riservata all’arroganza egoistica e alla stupidità cieca dell’umanità, dichiarata dalla spigolosa ugola di Rotten stesso, perfettamente a suo agio tra le liriche più o meno grevi imposte, come in questo caso, con gli Holycide o, diversamente, con i più celebri Avulsed, dai quali, tra l’altro, si rimane in attesa di un nuovo disco. Entrando invece, con la dovuta calma, tra le spire di riff frustate a dovere dalla coppia alle sei corde formata da Ancor Ramirez Santana e Salva Esteban, veniamo subito investiti dall’opener “A.I. Supremacy” e dal suo graffiante refrain, forse sin troppo semplice e alla lunga ripetitivo. E sarà proprio questa carenza testuale a pesare, non poco, sull’esito finale dell’album: ascoltando infatti pezzi come “Remote Control”, “Power Corrupts”, “Techonophobia” e “Angry For Nothing”, si nota come, al netto di un arrangiamento violentemente solido, l’impianto lirico rimanga scarno e poco incisivo, e solo sul finale, approfittando della cover degli Atrophy (“Chemical Dependency”), qualcosa sembra smuoversi, con “Pleased To Be Deceived” e la definitiva “Flamethrower’em All” a risollevare le sorti del disco.
Rimane, e non poteva essere altrimenti, la coerenza e l’assoluta fedeltà al genere ma, volendo fare un confronto con quanto prodotto in passato, avevamo preferito i primi lavori, sì ‘sghangherati’ e meno controllati, ma sicuramente con una marcia in più a livello creativo.