8.0
- Band: HOODED MENACE
- Durata: 00:42:47
- Disponibile dal: 30/10/2015
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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Così come “Effigies Of Evil” fu per alcuni una vistosa virata di sound rispetto a quello dei primi due dischi, essendo un lavoro che puntava soprattutto sulla parte più epica dell’anima dei doom-death metaller Hooded Menace, a volte quasi privandosi del tutto della parte più doom e brutale, anche il nuovo “Darkness Drips Forth” rappresenta una discreta sterzata rispetto alla rotta originaria. Una maggiore propensione verso la melodia più limpida e una deliziosa complessità compositiva connotano infatti questo quarto full-length, assieme ad una curatissima produzione, mai tanto equilibrata, firmata da Chris Fielding (Conan, Primordial, Napalm Death). Oggi più che mai, la base del fragoroso sound dei finlandesi è da ricercarsi incontrovertibilmente nelle due chitarre, efficacissime sia nella parte ariosa, a tratti così accentuata da portarci per la prima volta a parlare di melodic doom, che in quella heavy. Ciò che differenzia il quartetto dalla miriade di band che oggi rivisitano il genere, quello che conferisce sale ed personalità alle loro canzoni, è proprio l’eterno dialogo tra Lasse Pyykkö e Teemu Hannonen, che nelle quattro lunghe tracce di “Darkness…” arriva a lambiere e rielaborare numerosissime sfumature, configurandosi come un perfetto compendio di tutto ciò che il classico doom metal, il death-doom e la sua corrente gotica hanno rappresentato dai primi anni Novanta ad oggi. Questo avvincente gioco delle parti si palesa in tutta la sua validità sin dall’opener “Blood for the Burning Oath / Dungeons of the Disembodied”: il gruppo evidentemente ritiene di aver già dato tutto in termini di ignoranza o pesantezza e, non volendo sconfinare nel funeral, ha deciso di guardare altrove e di esplorare maggiormente la propria anima melodica. Inizialmente si stenta a crederci, ma nel brano d’apertura e nella successiva “Elysium of Dripping Death”, Pyykkö e compagni hanno tanto in comune con i primi Cathedral quanto con i Katatonia del periodo “Brave Murder Day”/”Sounds Of Decay”: i giri melodici che si alternano ai soliti lenti e ruvidissimi riff rimandano infatti al passato della formazione svedese, introducendo un’intesa che, a supporto dell’inconfondibile viscido growl di Pyykkö, non può che generare una irresistibile girandola di emozioni. I restanti due episodi risultano invece più vigorosi e meno “romantici”, ma, di nuovo, appaiono strutturalmente inappuntabili, aggiungendo ulteriore spessore ad un lavoro ricco ed elegante, dove, per la prima volta nella carriera dei finlandesi, a trionfare è un senso di rassegnazione misto ad abbandono. Un’atmosfera che pervade senza soluzione di continuità l’intera tracklist e che difficilmente lascia indifferenti: gli Hooded Menace si muovono nella sua essenza con passi sicuri e in una direzione ben definita, cavandone fuori un’opera personale, concreta e dal forte impatto emozionale. Si tratta del quarto centro consecutivo per questa band, entrata ormai di diritto nel cosiddetto olimpo della scena finlandese e di quella doom metal tutta.