7.5
- Band: HOST , PARADISE LOST
- Durata: 00:40:00
- Disponibile dal: 24/02/2023
- Etichetta:
- Nuclear Blast
Spotify:
Apple Music:
Il progetto Host ci era stato anticipato in sede di intervista da Andy Farrow, manager dei Paradise Lost, ormai un paio di anni fa. Ci è voluto più tempo del previsto per vederlo ufficialmente annunciato e promosso, ma si può dire che l’attesa sia stata ripagata da un disco che senz’altro non potrà che incuriosire i die-hard fan della formazione britannica. Con gli Host, Greg Mackintosh e Nick Holmes tornano insomma a rivisitare quelle amate-odiate sonorità elettroniche adottate sull’omonimo album del 1999, un’opera che molti ammiratori di lunga data hanno in effetti saputo rivalutare nel tempo, scindendola magari da ciò che l’aveva preceduta e giudicandola per ciò che è, senza per forza chiamare in causa paragoni oggettivamente poco utili. Come noto, dalla pubblicazione di “Host”, i Paradise Lost hanno intrapreso un lungo percorso che li ha gradualmente riavvicinati al metal, anche a quello più estremo, mettendoli nelle condizioni di riconciliarsi con il pubblico degli esordi, così come di riacquistare uno status di prima grandezza all’interno del nostro panorama. All’ascolto di “IX”, primo lavoro targato Host, emerge infatti piuttosto nettamente anche questa rinnovata tranquillità, la consapevolezza che una buona fetta del pubblico della cosiddetta band-madre non avrà nulla da ridire su questi esperimenti, ora che sono stati confinati al ruolo di progetto parallelo, senza il rischio che possano nuovamente ‘intaccare’ la carriera PL.
Passando in rassegna la tracklist, si fa largo l’impressione che Mackintosh e Holmes abbiano semplicemente voluto sfogarsi e giocare con una serie di intuizioni che non hanno per forza l’obiettivo di voler esplorare terreni inusuali o di voler rincorrere sonorità inaudite. La sensazione è quella di essere al cospetto di un duo che è consapevole dei propri mezzi, che ha poco o nulla da dimostrare e che in questa sede non desidera altro che scrutare la gamma di effetti e di gestualità della propria versatilità trasformista. Anche perché i due inglesi sono artisti troppo navigati e sensibili per gettarsi allo sbaraglio in un nuovo progetto senza avere dalla propria una visione precisa e, soprattutto, un repertorio di qualità. Di conseguenza, leggiamo “IX” come uno spontaneo sfoggio delle loro conoscenze e della loro creatività, la cui indagine questa volta si sofferma sul bagaglio goth e new wave, sul potenziale ipnotico di certi suoni elettronici, capaci di connettere e convogliare flussi di coscienza.
Se il primo singolo “Tomorrow’s Sky” mostra prepotenti allusioni al dance floor, con uno sviluppo catchy e ritmato a cui è difficile resistere, il resto dell’opera si attesta per lo più su toni torbidi, con episodi introspettivi che avrebbero tranquillamente potuto figurare su “Host” e altri movimenti nei quali viene centrato l’obiettivo di ricomporre una magia di rapimento estatico o di tratteggiare un’atmosfera oscura e realmente rivelatrice di riflessioni dal sapore sacrale e inquieto. Non si cerca insomma di flirtare con la moderna synthwave o di prendere la strada più semplice, verso un goth o un electro pop ballabile: la proposta, al contrario, si snoda dietro arie fumose, spesso scevra da appesantimenti manieristici, presentando spunti che talvolta sostanzialmente sanno di Paradise Lost rivisti in una chiave più elettronica, così come vari arrangiamenti di gran classe, tra continui pieni/vuoti, archi, intrecci e intarsi dalla grana fine.
A conti fatti, “IX” convince perché tutto al suo interno appare spontaneo e al contempo raffinato, pieno del talento e della versatilità di un Mackintosh e di un Holmes esteti e musicisti, attenti a usare nella loro palette vari colori e tutte le loro sfumature, con qualche luce, ma anche e soprattutto tante ombre. Un disco insomma meno ‘easy’ del previsto, da elaborare con quella lentezza e attenzione che si deve a qualcosa di fragile, ma all’occorrenza in grado di sprigionare una luce intensa.