7.0
- Band: HOUR OF PENANCE
- Durata: 00:39:08
- Disponibile dal: 07/05/2003
- Etichetta:
- Xtreem Music
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E’ con pieno stupore che mi accingo a recensire il debut-album degli Hour Of Penance, quartetto devoto alla causa del più violento, e assolutamente senza mezze misure, brutal-death; dopo aver pubblicato un demo (2000) ed uno split-CD con i Cadaveric Crematorium (2001), il gruppo si accasa presso la spagnola Xtreem Music, la quale ora mette a disposizione l’esordio sulla lunga distanza della band romana, un platter che non trova difficoltà nell’azzerare le eventuali perplessità sul reale valore dell’ensemble capitolino. “Disturbance”, infatti, è un massacro in piena regola! Pochissimi attimi di pausa, un sound feroce e martellante, un’intransigenza di fondo che annulla le possibilità di biasimare questo lavoro…inoltre, una preparazione tecnica notevole e la produzione di livello internazionale permettono al disco di farsi apprezzare in toto. Certo, chi non è avvezzo alle sonorità e all’urgenza esecutiva del brutal può tranquillamente starsene lontano, ma, al contrario, chi si nutre solo di tali proposte deve, senza il minimo indugio, avere questa release! Anche chi scrive, che considera il brutal un sottogenere troppo chiuso in sé stesso e limitato in partenza, è costretto ad alzarsi per applaudire ciò che scaturisce dai solchi del dischetto. Davvero azzeccata, a mio parere, è la scelta dei suoni, a volte difficile da calibrare in produzioni caotiche ed aggressive come quella qui discussa; vocals non troppo profonde (e meno male!) emergono chiaramente dall’assalto di massa generato dagli strumenti, il drumming, sfrenato e precisissimo, offre mirabile supporto alle chitarre, creanti riff fedeli allo stile ma ben incisivi, con parecchi stop ‘n go davvero micidiali. Per cui, by-passando l’inquietudine dell’intro “Der Zorn Gottes”, da “Rise And Oppress” fino a giungere a “Dawn Of Cerberus”, gli input che il vostro cervello assorbirà saranno quelli della devastazione totale e del più puro annientamento, fisico e psicologico. In conclusione, quasi a voler dare il colpo di grazia alle nostre tempie sanguinanti, ecco la sfiancante “Blood Tribute”, brano lungo e piuttosto cadenzato, tremendamente adatto a terminare il nostro viaggio in una sorta di dimensione parallela, dalla quale, “disturbati” più che mai, è difficile far ritorno. Complimenti, quindi, ragazzi! Un altro gruppo italiano che si affaccia sulla scena internazionale con pieno merito e capacità di mezzi. Ascoltate, gente, e cercate di sopravvivere!