8.0
- Band: HOUR OF PENANCE
- Durata: 00:41:46
- Disponibile dal: 12/05/2014
- Etichetta:
- Prosthetic Records
- Distributore: Audioglobe
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Descrivere con parole nuove l’ascesa degli Hour Of Penance è compito sempre più difficile. Giunto al sesto disco sulla lunga distanza – il secondo edito dalla statunitense Prosthetic Records – il gruppo capitolino è da considerarsi una colonna portante del panorama death metal contemporaneo, una creatura dallo stile solidissimo e perfettamente distinguibile nel mare magnum di uscite del settore, da diversi anni a questa parte (diciamo dalla pubblicazione del terremotante “The Vile Conception”) sinonimo di qualità pressoché assoluta. La storia si ripete anche con il qui presente “Regicide” che, come anticipato nell’esaustivo track-by-track di qualche settimana fa, vede i Nostri mescolare sensibilmente le carte in tavola, riprendendo il discorso interrotto dal precedente e pluriacclamato “Sedition” per poi muoversi in una direzione più groovy e controllata. Gli elementi che hanno fatto la fortuna del quartetto – rinvigorito dall’ingresso di Marco “Cinghio” Mastrobuono al basso e di James Payne alla batteria, entrambi autori di una prova maiuscola – ovviamente ci sono tutti, ma basta poco per accorgersi di come questi siano stati affiancati da nuove, avvincenti soluzioni: tempi medi e cori enfatici, dosati con estrema parsimonia in passato, fluiscono oggi con scioltezza dalle casse, mentre il numero di assoli, intrecci e sovrapposizioni da parte delle chitarre di Giulio Moschini e Paolo Pieri cresce con il passare dei minuti, irrobustendo l’ossatura dei brani e donando ulteriore imprevedibilità alla tracklist, mai così varia e ricca di cambi di umore. Dalle parentesi di pura blasfemia di “Redeemer Of Atrocity” alle trame solenni e cariche di pathos di “The Seas Of Light”, passando per l’ingegnoso mix di stili della titletrack, “Regicide” irrompe con la grazia di un kaiju nell’annata metallica in corso, polverizzando larga parte della concorrenza e reclamando prepotentemente la corona di disco death metal del 2014. Un’opera formalmente inattaccabile, baciata da una produzione eccellente (la più organica nella storia della band) e sprizzante maturità da ogni suo solco; dopo anni di gavetta, tournée e sacrifici, il trono può finalmente dirsi conquistato, lunga vita al Re.