7.5
- Band: HUNGRY LIKE RAKOVITZ
- Durata: 00:26:00
- Disponibile dal: 01/03/2013
- Etichetta:
- Grindpromotion
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I lombardi Hungry Like Rakovitz si confermano band ormai matura e piena di vitalità con questo nuovo “The Cross Is Not Enough”, ennesimo avvincente sfogo di un repertorio che si sta facendo sempre più corposo e sempre più violento. Seguiamo la formazione di Bergamo da qualche anno e l’abbiamo vista prima muoversi su coordinate prettamente “post”/chaotic hardcore in stile Converge, poi abbracciare più spiccatamente influenze grindcore e ora, al primo full-length ufficiale, ci troviamo a fare i conti con la summa di tutti questi spunti, egregiamente incanalata in una tracklist che non si perde certo in lungaggini ma che, al tempo stesso, concede variazioni a sufficienza per far sì che la trappola della monotonia venga evitata e che il disco non perda impatto ed effetto sorpresa col passare dei minuti. In questo turbinio di frequenze ci si ritrova ora a ripensare alle entità più oscure e ruvide dell’hardcore di fine anni ’90/primi 2000 (Integrity e appunto Converge), così come a dover fare i conti con sfuriate grind, passaggi prettamente “rot’n’roll” in odore di Cursed e persino in qualche velleità black metal che, almeno nei passaggi più criptici, non stonano affatto. L’album scorre come un unico flusso sonoro nel quale lasciarsi sprofondare, producendo un effetto straniante molto simile a quello prodotto dall’ascolto di una vecchia perla come “Jane Doe”; naturalmente, la proposta dei Nostri non ha ancora l’estensione e il magnetismo di quella degli statunitensi, tuttavia infonde una sorta di trance che durante l’ascolto porta la mente a perdersi in questo vortice di ostilità e logoramento. Fra i brani, pur nella relativa uniformità delle composizioni, si fa comunque preferire “I’ll Be Back In Five Minutes With John Titor”, traccia dal groove pronunciato e decisamente contagioso. Detto di una produzione azzeccatissima, non ci resta che sottolineare come, ancora una volta, l’Italia sia in grado di offrire musica estrema di alta qualità, che ha ormai azzerato completamento qualsiasi divario o complesso di inferiorità con le pubblicazioni che regolarmente ci vengono propinate da etichette e band d’oltreoceano. Certo, “The Cross…” non è un’opera di facile fruizione e non è adatta a tutti i momenti della giornata, ma è e resta un disco assolutamente concreto e professionale, che cresce col procedere degli ascolti e che svela continuamente vari avvincenti modi di concepire la violenza in musica.