7.5
- Band: HUNTRESS
- Durata: 00:47:00
- Disponibile dal: 30/04/2012
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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Quale può essere il comune denominatore tra un’ex coniglietta di Playboy, una cantante lirica, una strega che professa il paganesimo, la nudità e la libertà sessuale ed una screamer heavy metal? Jill Janus, prosperosa cantante degli Huntress, è la risposta che stavamo cercando; è infatti decisamente singolare il percorso che ha portato la lungocrinita e prosperosa singer dai palchi delle opere alla casa di Hugh Hefner e successivamente a fare headbanging al ritmo di un heavy metal d’impatto. La band propone sonorità decisamente classiche, epiche, in cui i temi trattati e l’intera iconografia scomodata dalla band (da Jill in particolare, si consiglia vivamente un occhiata alle foto promozionali) è relativa al paganesimo, alla primigenia religione legata alla madre Terra ed alla sua sedicente posizione di vera ed orgogliosa strega. I californiani appaiono come una versione maggiormente europeizzata e “malefica” della prima incarnazione dei gioviali canadesi 3 Inches Of Blood, i cui due singer (uno “halfordiano” e l’altro un abrasivo screamer) siano stati letteralmente divorati dalla nostra Jill, in modo da acquisirne le caratteristiche vocali di entrambi. Consci dei trascorsi (musicali) della pettoruta banshee, veniamo sorpresi dal sentirla cantare in uno stile traumaticamente distante dal mondo lirico, in quanto capace sia di ferocissime e graffianti grida – al limite del puro screaming extreme metal – così come di emettere potenti note in cui la sua voce risulta “rotonda” e dotata di un suggestivo vibrato. Riferimenti al metal tutto sono presenti in questo “Spell Eater”, con alcuni riff letteralmente rubati dalla chitarra di “Evil” Chuck, nonché alcuni inquietanti vocalizzi che non possono non richiamare alla memoria il “Re Diamante” ed i suoi Mercyful Fate. Velocità sostenuta per la maggior parte delle tracce, in cui l’istrionica strega dà sfoggio delle sue quattro ottave di estensione, per brani che, pur non brillando per varietà ed originalità, non possono non spingerci in modo quasi meccanico (magia?) ad alzare il nostro pugno al cielo, oppurtunamente guantato e tamarramente borchiato. Un disco decisamente bello, fresco e violento, i cui pochi difetti sono da ricercare in una produzione troppo mirata ad esaltare la pur spettacolare ed accentratrice voce, mettendo in secondo piano il buon operato di quelli che a questo punto appaiono come semplici gregari. Concept affascinante, ottima immagine (non potrebbe essere altrimenti), esecuzioni tecniche mirabili e una colata incandescente di metallo ci spingono a consigliarvi caldamente l’ascolto di questo lavoro. Ora non ci resta che aspettare un’esibizione di Jill Janus insieme ad Angela Gossow, Veronica Freeman e Julie Westlake degli Hydrogin. Ma questo sogno per chi scrive non riguarda la musica.