6.5
- Band: HUNTRESS
- Durata: 00:47:28
- Disponibile dal: 25/09/2015
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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“ ‘Static’ è il nostro album più pesante ma anche quello più catchy”. Di dichiarazioni del genere ne sentiamo tantissime su canali di informazione metallica come il nostro, però stavolta possiamo anche prendere la frase della procace Jill Janus per buona e cercare di analizzarla nel suo significato. Perché tutto sommato, un po’ di verità in quelle parole c’è. “Static” è in effetti il disco più ‘pesante’ trai tre pubblicati dalla band losangelina, e contemporaneamente è di sicuro anche il loro lavoro più catchy. Innegabile soprattutto la seconda parte della frase, quella relativa all’immediatezza e all’aspetto melodico; le linee vocali di Janus in tutto l’album risultano infatti radiofoniche e addirittura commerciali, col risultato di rendere l’album più fruibile ma meno sincero del debutto “Spell Eater” o del successivo “Starbound Beast”. E’ sul concetto di ‘pesante’ però che casca l’asino, come si suol dire in modo colloquiale. Già, perché il concetto di pesante che viene veicolato a noi ascoltatori dalle note delle dieci canzoni di “Static” è quello ortodosso e pragmatico dell metal più classico, l’heavy ottantiano, per intenderci. Pazienza, si potrà anche dire, c’è di peggio per una band che comunque da sempre bazzica su territori piuttosto tradizionalisti, ma in realtà è proprio questo aspetto a spingerci a dare al disco quell’avara valutazione che leggete in calce. Ammettiamolo, a conti fatti molto dello scalpore creato dagli Huntress deriva da elementi piuttosto estranei alla musica quali i video shocking, le tematiche esoteriche, le interviste piene di risposte ad effetto e l’aspetto della ben equipaggiata cantante, che ricordiamo essere ex playmate di Playboy. Tolti tutti questi argomenti, certamente validi ma assolutamente accessori, si notava però come su “Starbound Beast” e a maggior ragione su “Spell Eater” rimanesse comunque un approccio piuttosto trasversale all’heavy metal: un’apertura stilistica che tradiva un minimo di ricerca della contaminazione e che permetteva di ‘pepare’ la proposta con input provenienti da forme anche più oscure di metal, sullo stile di quanto fatto dai Mercyful Fate. Ebbene, a dare spessore all’aspetto musicale di quei dischi era proprio quest’approccio obliquo, questo percorso non rettilineo che non escludeva sonorità diverse da quelle tipicamente US Metal che costituiscono tuttora il ‘core’ della proposta dei Nostri. Con “Static”, lo avrete già capito, questo presupposto viene meno, e la parte musicale del disco ci propone un US Metal appunto molto, troppo, standard, condito da linee vocali molto, troppo, occhieggianti al mainstream. Il risultato è un album buono, infarcito come dicevamo di ottimi hook e di brani dalla facile assunzione; ma di fatto “Static” alla lunga mostra una tendenza opposta al continuo inasprimento dell’immagine della band, provocando emozioni contrastanti. Dove i temi si fanno più splatter (guardatevi l’esilerante video di “Sorrow”), la musica si fa più sì più pesante ma a modo suo anche più inoffensiva. Quando le foto di Jill Janus nuda con la testa dentro un cesso infestano la rete, un metal classico e sicuramente meno ‘estremo’ ci presenta la musica attuale del combo californiano. L’impressione finale, con la quale concludiamo, è che la band si è attaccata troppo all’immagine di Jill, relegando tutto il resto dei musicisti al ruolo di anonime comparse, neanche fossero i Nameless Ghoul dei Ghost. Se si calca tanto l’aspetto esclusivamente legato alla cantante e alla voce, e non si va nella stessa direzione con la musica sottostante… beh, qualcuno potrà accorgersene, e potrà non apprezzare. “Static” è comunque un buon disco, ma di sicuro il meno esaltante e vario tra i tre prodotti finora.