8.0
- Band: HYPOCRISY
- Durata:
- Disponibile dal: //2002
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Audioglobe
Geniali, eclettici, imprevedibili. Come al solito. Peter, Mikael e Lars non solo sono tornati con l’album più divertito e spontaneo che abbiano prodotto negli ultimi anni (e scusateci se è poco…), ma hanno anche riconfermato come ed in quale misura la loro verve sperimentale sia ancora viva e vegeta anche dopo il discreto ma fin troppo manieristico (per i loro canoni, s’intende) “Into The Abyss” e le parentesi electro-pop/metal di Peter Tagtgren con i Pain. “Catch 22” è un album che per l’ennesima volta sterza vistosamente la direzione stilistica del trio svedese come una bussola eternamente impazzita: al death metal tout-court del precedente lavoro, ed al post-death/avantgarde metal di “Hypocrisy”, i nostri contrappongono uno spiazzante groovy/neo-thrash che riconosce in Skinlab, Machine Head, EyeHateGod e Slipknot (ebbene sì…) le principali ispirazioni, accostandovi poi le solite aperture melodiche frutto di quella ‘malinconia psichedelica’ (come avevo già definito in altra sede) per cui i nostri sono diventati famosi (ricordate “Slippin’ Away”, “Until The End”, “Disconnected Magnetic Corridors”, “Drained”, “Shamateur”?); senza poi rivoluzionare enormemente il DNA svedese che da sempre fa parte del loro marchio di fabbrica, gli Hypocrisy di “Catch 22” riescono ad infarcire brani come “Uncontrolled”, “Destroyed” e la superba “Seeds Of The Chosen One” di un gusto anthemico che prima d’ora era stato solo raramente ravvisabile nel materiale rilasciato. Nei quaranta minuti di massacro, gli Hypocrisy riescono a comporre dieci nuovi classici per i loro futuri live shows, a partire proprio dall’opener “Don’t Judge Me”, supportata da un lavoro ritmico chitarristico semplice ma efficace, o da “Another Dead End ( For Another Dead Man)”, che rimanda in parte ad alcune tracce come “Dominion” e “Through The Window Of Time”, irrompendo poi in un refrain decisamente d’effetto; episodi come “All Turns Black” e “On The Edge Of Madness” sono invece espressione dell’anima più intimista e malinconica ereditata proprio dal self-titled album del ’99, che in “Catch 22” occupa soltanto dei brevi e sfuggenti frangenti, seppure in maggior numero che nel precedente “Into The Abyss”. Da segnalare inoltre, come ad essere sostanzialmente mutata nel sound dei nuovi Hypocrisy è la produzione ad opera di (neanche dirlo) Peter Tagtgren: molto più asciutta e compatta rispetto ai soliti standard sviluppati ai tempi di “Abducted”, con un basso molto meno distorto ed invadente che in passato ed un suono di rullante molto più secco ed incisivo; in ultimo, la voce di Peter, che in questo nuovo album torna a cambiare registro per ogni singola traccia, citando talvolta Ozzy Osbourne (“All Turns Black”), Lemmy, Tom Gabriel Warrior, Jeff Walker, Corey Taylor ed ovviamente se stesso. Della presunta rivoluzione nu-metal non ce n’è traccia: a meno che per voi lo spirito più punk/HC e groovy thrash (tra l’altro già mostrato in passato in più di un’occasione, vedi “Time Warp”), possa essere espressione di una volontà dei nostri di assottigliarsi a quel filone tanto in voga ultimamente, anche perché (parole dello stesso Peter) i nostri sanno a mala pena chi siano Korn, Limp Bizkit e Linkin Park; state certi che di qui a poco gli Hypocrisy, come al solito, suoneranno in una maniera ancora differente da quanto ascoltato in "Catch 22", lasciandoci nuovamente spiazzati e senza parole: godetevi quindi questo splendido capolavoro di semplicità, potenza ed energia, finché siete in tempo. Imperdibile!