8.0
- Band: HYPOCRISY
- Durata: 00:40:28
- Disponibile dal: 16/02/2004
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Audioglobe
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Questa volta non ci sono proprio dubbi! La cover di “The Arrival” ne dà piena conferma: gli alieni sono giunti fra noi, definitivamente e per restare…forse. E gli Hypocrisy, araldi ufficiali di abduzioni, torture, esperimenti e viaggi nel vuoto interstellare, si confermano nuovamente loro inquietanti ambasciatori. Il nono album regolare della storica band svedese, intitolato appunto “The Arrival”, è un disco atteso per vari ed importanti motivi: innanzitutto, è il primo registrato con la formazione a quattro, dato che Andreas Holma, il chitarrista che da anni accompagna in tour Tagtgren e compari, è stato finalmente promosso a membro ufficiale; di contralto, va segnalata la dipartita del drummer Lars Szoke, perdita che di certo rattristerà i die-hard fan del gruppo (compreso il sottoscritto), ma che verrà ben compensata dall’acquisto dell’ex-Immortal Horgh; infine, era davvero tanta la curiosità di scoprire verso quali sonorità si sarebbero diretti gli Hypocrisy, dopo la release del precedente “Catch 22”, un ottimo disco dall’attitudine sperimentale che però, già all’epoca della sua pubblicazione, dava la netta impressione di essere estemporaneo. Ed infatti diciamo subito che il nuovo lavoro rappresenta, per il quartetto scandinavo, una sorta di ritorno al passato, uno sguardo a ritroso attraverso una carriera costellata di ben pochi passi falsi; il tutto, però, rivisto in chiave futura, non riproponendo soluzioni già utilizzate, bensì miscelando le stesse per creare nuovi ibridi, sempre più maturi e accattivanti. Le principali caratteristiche di “The Arrival” sono la cospicua dose di melodia (attenzione, si parla però di melodia alla Hypocrisy!) e la presenza di parecchi mid-tempo, questi ultimi lasciati in secondo piano, ormai, dall’epoca di uscita dell’album omonimo. L’iniziale “Born Dead Buried Alive” si evolve in modo tanto semplice quanto atipico: ad un inizio e ad una fine evocativi ed ipnotici, con la voce di Peter Tagtgren a declamare versi, si contrappone una parte centrale molto aggressiva, classica partitura death in Hypocrisy-style…buona apertura ma nulla di eccezionale. A ruota, segue il singolo “Eraser”, vario e multiforme, che si erge sì a brano-simbolo del disco, ma che ancora non riesce ad esprimerne al massimo le potenzialità. Finalmente, con il sopraggiungere della terza traccia, i mostriciattoli che albergano all’interno dei nostri quattro svedesi sembrano svegliarsi: “Stillborn” è semplicemente un capolavoro, in possesso di linee vocali trascinanti e ritmiche da headbanging puro, inframezzate da uno dei chorus meglio riusciti dell’intera discografia del gruppo; si rallenta con la bellissima “Slave To The Parasites”, mid-tempo melodico abbastanza ruffiano ma che convince pienamente, per poi ripartire in quarta con “New World”, track associabile alle sonorità di “Catch 22”, devastante nel suo break centrale, composto da un riff mostruoso, sicuro apice compositivo di “The Arrival”; la discesa inizia con “The Abyss”, lenta e cadenzata progressione estatica, condita dalle vocals gregoriane del buon Peter, e bissata da “The Departure”, forse la canzone meno coinvolgente del lotto; “Dead Sky Dawning” si assesta su di un buon livello, veloce e avvincente, mentre “War Within” chiude i giochi in modo più che dignitoso. Come al solito, ma non ci sarebbe neanche bisogno di scriverlo, la produzione è made in Abyss Studios e risulta perfetta, forse leggermente meno “chiusa” e distorta rispetto alle ultime prove. Concludendo l’accurata disamina, e tenendo a bada favoritismi ed imparzialità, il disco in questione non fa una piega! Gli Hypocrisy incastonano l’ennesimo gioiellino nella loro preziosa collana musicale, originale e variegata come poche al giorno d’oggi. Non perderemo certo tempo per dare conferma della loro bravura…la scena death ha bisogno di gruppi di tale spessore; andate, attendete “The Arrival” ed accoglietelo a braccia aperte! “Slave to the parasites/I can’t get away/they won’t leave me be/Slave to the parasites/here they come again/there is no way to hide”.