7.5
- Band: I MAIALI
- Durata: 00:28:46
- Disponibile dal: 03/06/2022
- Etichetta:
- Overdub Recordings
Spotify:
Apple Music:
Come sono italiani questi I Maiali, proferirebbe un noto attore a margine di una sua magistrale interpretazione. Se normalmente quel celebre interprete di soap opera lo avrebbe detto con aria schifata, nel caso degli autori di “Cenere” tale espressione assumerebbe connotazione decisamente assai più lusinghiera. L’hardcore, meglio se annerito, brutalizzato, decomposto come in questo caso, può assumere, grazie anche al cantato in lingua madre, una connotazione veramente ‘italiana’, vomitandoci addosso una rabbia peculiare. Dev’essere un misto di frustrazione, senso di ingiustizia, sofferenza interiore, malessere diffuso, convogliato tutto assieme in un veicolo musicale che asseconda con rara espressività un ampio ventaglio emotivo. Quando si parla di ‘blackened hardcore’ come può essere il caso de I Maiali, il rischio – alto – è quello di un assoggettamento a movimenti black metal/post-core tanto ispidi quanto monocordi, una replicazione di altri vissuti sonori che, alla lunga, provocano un certo assopimento. Per “Cenere” (secondo album della formazione) il discorso è ben differente, lo è innanzitutto perché sembra di rientrare in un alveo post-core più datato, a cavallo tra ultime agitazioni novantiane e i moti dei primi 2000, e il disegno generale è ben più lucido, impegnato e approfondito di altri colleghi.
Non c’è quella smania di riempire ogni vuoto, saturare le frequenze, creare volume a tutti i costi: le chitarre al contrario sono piuttosto asciutte, nervose, agonizzano e rilanciano proiettando nella modernità un certo modo di interpretare hardcore e punk, con un’istintività genuina che diventa sottile, sibillina e tetra in virtù di esperienze d’ascolto ampie e molto votate al metal. Un disco malvagio, “Cenere”, imbevuto di odio ma non sfrontato nel buttarcelo addosso: orrorifico, teatrale, scomposto in mille rivoli, qualcosa che pare ricordare addirittura i grandiosi Breach e un album seminale come “Venom”. Tempi dispari, sghembi, si rannicchiano ed esplodono, ansimano e assaltano, mentre il basso va per conto suo e la voce rantola proponendo un bagaglio interpretativo che va oltre le classiche urla belluine. Ci sono pause, momenti doom inquietanti, rimestamenti nel torbido ben staccati da manierismi o il voler caricare i toni a tutti i costi: i brani sono piccole schegge di miasmi e degrado, avvolti in una patina di soundtrack da perverso thriller. Zeppo di stridori, rumori infernali, feedback, “Cenere” è album angosciante e gravido di feroce depravazione: un modo efficace di mescolare hardcore e metal estremo, uscendo dai cliché per comunicare qualcosa di realmente personale. Un bel colpo.