7.5
- Band: ICED EARTH
- Durata:
- Disponibile dal: 19/01/2004
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
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Nonostante gli Iced Earth siano dei veri e propri veterani della scena epic metal mondiale, con all’attivo numerosi album che proprio tale scena hanno contribuito a formare, questo “The Glorious Burden” può essere sicuramente considerato l’album più atteso della loro carriera, per almeno due motivi. Il primo (quello meno importante, ma comunque, almeno per gli addetti ai lavori, interessante) è da ricercarsi nel concept rappresentato in “The Glorious Burden”: non più tematiche appartenenti all’ immaginario fantascienticofantasticoorrorifico che da sempre hanno caratterizzato i lavori degli Iced Earth, bensì altre facenti riferimento ad eventi e/o personaggi storici di primaria importanza come, tanto per fare un esempio, la battaglia di Waterloo, o quella di Gettysburg ovvero gli eventi dell’ 11 settembre 2001. Il secondo motivo è invece legato alla dipartita del singer di sempre degli Iced Earth, Matt Barlow, ed al successivo ingresso nella line up di Tim “The Ripper” Owens, noto a tutti per aver brillantemente sostituito Rob Halford nei Judas Priest, imponendosi nell’intera scena metal mondiale, come uno dei migliori cantanti degli ultimi anni (sicuramente migliore dell’ultimo Rob Halford). A fronte di tanti e complessi stravolgimenti era da attendersi, in qualche modo, un album completamente differente da ciò a cui ci hanno abituato gli Iced Earth negli ultimi lavori: ed in effetti si può dire che questo “The Glorious Burden” rappresenti, se non una sorta di rinascita per il gruppo capitanato da Jon Schaffer, sicuramente un cambio totale di paradigma nell’approccio alla materia classicepic metal. A partire dall’iniziale “Declaration Day”, si intuisce immediatamente che qualcosa è cambiato: lo speed/thrash metal e l’aggressività che da sempre caratterizzano il sound degli Iced Earth hanno lasciato il posto ad atmosfere di gran lunga più epiche ed imponenti ed assolutamente più emozionali. Stupisce la presenza di cori che richiamano immediatamente i Blind Guardian sia per impatto che per complessità, e che non erano mai comparsi in questi termini in brani degli Iced Earth. Se da una parte il songwriting di Schaffer perde in violenza ed immediatezza, dall’altra acquista in complessità e drammaticità, risultando sicuramente più articolato e profondo che mai. La presenza di una voce versatile come quella di Tim Owens risulta essere sicuramente la scelta vincente di questo album, in quanto si adatta perfettamente alle atmosfere dinamiche di “The Glorious Burden”. Owens è autore di una prova che definire impressionante è dire poco: la sua capacità di cambiare repentinamente tonalità, passando da acuti degni del Rob Halford dei tempi d’oro a passaggi più teatrali e d’atmosfera che richiedono un interpretazione più articolata del brano è quanto meno stupefacente, tanto da appannare quasi completamente i restanti membri del gruppo. Le coordinate stilistiche che caratterizzano “Declaration Day” si possono poi ritrovare in maniera più o meno accentuata nell’intero album, a partire dalla successiva “When The Eagle Cries”, ispirata dagli eventi dell’11 settembre 2001, che in qualche modo rappresenta il climax di questo cambiamento, caratterizzata com’è da un incipit acustico e dai versi quasi sussurrati da Tim, che poi sfociano in un coro maestoso e dal sicuro impatto emotivo sottolineando la drammaticità del brano; per passare poi ad una canzone, “The Reckoning (Don’t Tread On Me)” in qualche modo ascrivibile più al vecchio sound degli Iced Earth per il suo approccio speed, anche se resta sempre caratterizzata da cori imponenti. Insomma, abbiamo a che fare con un disco importante per gli Iced Earth, che mostra una forte volontà di evolversi senza snaturare la loro natura di gruppo dedito prevalentemente a sonorità epicclassic. La strada intrapresa con “The Glorious Burden” – per quanto complessa – sembra essere quella giusta, stando almeno a giudicare dalla qualità delle composizioni qui presenti e dalla prova del duo SchafferOwens (incredibilmente affiatato per essere solo agli inizi). L’unico pericolo è che la presenza, effettivamente ingombrante, di quello che può essere definito il nuovo “Metal God” mini gli equilibri ancora fragili del gruppo. Sicuramente qualcuno rimpiangerà i vecchi Iced Earth, ma “The Glorious Burden” rappresenta a tutti gli effetti un’evoluzione necessaria per un gruppo che ormai stava ripetendo se stesso.
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