6.5
- Band: ICED EARTH
- Durata: 00:14:59
- Disponibile dal: 20/10/2003
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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“The Reckoning”, nuovo singolo degli Iced Earth, è certsamente una delle uscite più attese di questa annata perché, oltre a dare un gustoso anticipo dell’album “The Glorious Burden” in uscita a Gennaio 2004, mostra i risultati del passaggio di testimone ai microfoni di Matt Barlow a favore dell’ex Judas Priest Tim “Ripper” Owens (ingiustamente silurato da Tipton e compagni in seguito al come back di Rob Halford). Il disco si apre con “The Reckoning”, i classici cori in stile Iced Earth introducono un brano velocissimo e rabbioso su cui si stagliano i potenti riffs di Schaffer ed un cantato magistrale. Ripper è un purosangue, le sue vocals risultano più varie e dinamiche rispetto al suo predecessore, e sulle canzoni più veloci si trova perfettamente a proprio agio. Proseguiamo l’ascolto con la lenta ed acustica “When The Eagles Cries” (sarà presente sul full lenght in versione elettrica): la ballad non si rivela nulla di speciale, pur avendo il pregio di essere decisamente ascoltabile ed immediata, in modo che l’ascoltatore possa memorizzarla con un paio di passate sul lettore. “Valley Forge” è il brano più freddo ed anonimo del singolo, inizia con un intermezzo di chitarre acustiche che fanno da apripista per il solito Schaffer, ma le melodie e le linee vocali risultano anonime e prive di vitalità. A concludere il singolo spetta ad “Hollow Man”, le note iniziali richiamano il vecchio pezzo “Melancholy” ( tratto dal disco “Something Wicked This Way Comes”), trattasi di una power ballad che si ricorda delle chitarre elettriche solo nel refrain e che limita il cantato di Ripper ad eseguire il proprio compitino senza eccessivi guizzi di dinamicità. Ad ascolto ultimato, teniamo conto che il singolo giunto in redazione aveva ben due pezzi tagliati su quattro, promuoviamo con riserva “The Reckoning”, la title track e l’apporto di Tim Owens sono gli unici elementi che hanno convinto in tutto e per tutto, le restanti composizioni denotano invece una preoccupante mancanza di ispirazione a livello di song-writing. A questo punto l’attesa di ascoltare in toto “The Glorious Burden” si fa ancora più sofferta…