7.0
- Band: IL SEGNO DEL COMANDO
- Durata: 00:45:36
- Disponibile dal: 25/08/2023
- Etichetta:
- Black Widow
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Non c’è che dire: il Segno Del Comando di Diego Banchero si è sempre preso i propri tempi, da quel fenomenale debutto auto intitolato targato 1997. Venticinque anni sono passati, altri tre album sono emersi (più qualche altra uscita minore) ed arriviamo, con questo “Il Domenicano Bianco”, ad un quinto album completo. Non è certo un tabellino di marcia sostenuto, quello dei genovesi, ma crediamo ci debba essere qualcuno in grado di dimostrare chiaramente come si possa non essere per niente interessati ai ritmi forsennati del mercato di oggi. Qualità al posto di quantità – potremmo dire – e crediamo che musica come quella del Segno possa essere considerata solamente con questo tipo di parametri. Attenzione però: non vediamo ne “Il Domenicano Bianco” alcuna presa di posizione verso l’industria musicale moderna, ma ci piace considerarlo – concedetecelo – come un modello artistico genuino e sentito.
Oltre a questo, ci teniamo a precisare come l’angolo con cui vogliamo discutere questo ritorno della band di Banchero sia quello di ascoltatori di heavy metal che apprezzano forme musicali ‘altre’: d’altronde, se il Segno è sempre stato un nome venerato da un pubblico avvezzo a sonorità più pesanti, è sicuramente per l’immagine occulta, per i suoni dark-prog e per un sapore decisamente ‘metal’ almeno negli intenti. È ancora così? Solamente in parte. È un problema? Assolutamente no. Spieghiamoci meglio: “Il Domenicano Bianco” è il terzo disco che mette in musica le opere di Gustav Meyrink e si mostra immediatamente molto più prog rock rispetto al glorioso e oscuro passato. Per accorgersene, basta sentire, fianco a fianco, la versione di “Missa Nigra” presente nel debutto e questa nuova rilettura 2023: in entrambe, la band conserva la propria identità, ma, allo stesso tempo, ha acquisito un suono più arioso, sempre più rock e meno occulto. È evidentissimo anche nel singolo “Ofelia”, dove si scorge molto più Banco o Le Orme, che Goblin o Balletto di Bronzo.
In questo nuovo capitolo si prosegue insomma la strada intrapresa dal precedente “L’Incanto Dello Zero”, in modo secondo noi ancora più libero: l’impronta funk data dal basso molto in evidenza di Diego si fa accompagnare da chitarre in grande spolvero (soprattutto nell’appassionante “Il Dissolvimento Del Corpo Con La Spada”) e ancora una volta dalla piacevolissima interpretazione vocale di Riccardo Morello.
La struttura del disco è ancora una volta pensata in modo fruibile, alternando intro e interludi brevi a pezzi dalla durata sostenuta che non perdono mai mordente e sfoderano invece ritornelli e melodie facilmente memorizzabili.
È un concetto di musica libera, quello di Banchero e soci, che, se nel tempo ha perso il suo lato più ossianico, ha però guadagnato molto in personalità. L’omaggio al dark prog di un tempo non è più la priorità dei Nostri, secondo noi, e va benissimo così.