7.0
- Band: IMPERISHABLE (SE)
- Durata: 00:37:37
- Disponibile dal: 09/06/2023
- Etichetta:
- Hammerheart Records
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Il classico swedish death metal non passa mai di moda. Questa volta tocca agli Imperishable e al loro primo full-length, “Come, Sweet Death”, confermarcelo. La formazione è originaria di Gothenburg, ma ovviamente guarda soprattutto a Stoccolma quando si tratta di imbastire la propria musica. Siamo infatti dalle parti di un death metal vecchia scuola puntualmente intriso di melodia, simile per impronta e atmosfere a quanto realizzato dai Dismember nella seconda parte della loro carriera o dai Desultory su un’opera come “Bitterness”. Negli Imperishable, oltre al cantante Henke Skoog (Nominon) e al chitarrista Christopher Hjelte (ex frontman dei Dr. Living Dead!) militano i fratelli Niklas e Robin Holmberg, rispettivamente batterista e chitarrista dei più affermati Vampire: un elemento, quest’ultimo, da non sottovalutare affatto, dato che da questa parentela si comprende ancora più a fondo il taglio prettamente heavy metal di certe parentesi melodiche in dote al death metal del quartetto. Se però i Vampire, quando vanno sul tradizionale, sposano soprattutto la linea di Mercyful Fate e King Diamond, gli Imperishable nei loro momenti più ariosi optano invece per un tratto ancora più classico e ‘popolare’, andando a recuperare quelle chitarre gemelle di maideniana memoria già a suo tempo utilizzate da un nome come i Dismember – o dai suddetti Desultory – in certi capitoli discografici.
Le dieci tracce di “Come, Sweet Death” costituiscono quindi simboli di un linguaggio coniato per fondere estremismo vecchia scuola e revival ‘retro metal’: dieci scorci di un mondo che puntualmente, con l’avvento di ogni nuova moda, pare destinato a completare il suo ciclo vitale, ma che a conti fatti non tramonta mai. Gli Imperishable, in sostanza, abbracciano e fondono tutto ciò che è tradizionale, confezionando un album che sembra contenere tanti piccoli omaggi e rivisitazioni, pur all’interno di composizioni da cui comunque quasi sempre emerge un proprio valore. Certo, l’incipit di “The Perennial Desire” sa sin troppo di tributo (plagio) a quello di “Pull the Plug” dei Death, ma, per il resto, il disco si snoda attraverso una ragnatela di severi attacchi ritmici su cui si sovrappone un lavoro di chitarra agile e versatile, dando all’ascoltatore la sensazione di essere di fronte ad un’opera che si sostiene su un ingegnoso equilibrio di pesi e contrappesi emotivi, facendo emergere in primis tutta la competenza e la genuinità dei quattro svedesi. “Come, Sweet Death”, in sintesi, è un’esperienza per difensori della vena e dell’attitudine old school a qualsiasi livello: per forza di cose poco originale, ma gradevole all’orecchio.