7.5
- Band: IN MOURNING
- Durata: 00:50:26
- Disponibile dal: 04/10/2019
- Etichetta:
- Agonia Records
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Come i suoi predecessori, il nuovo e quinto disco degli In Mourning presenta un lavoro che deve prestarsi giocoforza ad un’osservazione approfondita, una disamina che deriva dalle peculiarità che ogni singolo lavoro degli svedesi porta con sé. Se è vero che il genere dei Nostri è oramai di facile individuazione, è vero anche che ad ogni prova sembra esservi un’atmosfera particolare che aumenta o diminuisce determinate sfumature. Certo, la malinconia che fa da sfondo alle composizioni non manca, anzi, ma sembra voler andare a sottolineare momenti diversi e in diverso modo rispetto anche al precedente “Afterglow”, il cui mood sembrava più succube di una tristezza cosmica rispetto a quella più a fior di pelle di questo “Garden Of Storms”, che chiude una trilogia iniziata con “The Weight Of Oceans”. Un approccio che forse acuisce ancor più l’aspetto progressive della band, senza andare a discapito della componente death (melodica, ça va sans dire), con una definizione ben decisa (e che forse porta ad un dualismo vagamente squilibrato) tra l’anima più trasognata e quasi ‘post’ della band e quella più diretta e old school, forse unico piccolo neo del disco. Impossibile non nominare ancora una volta gli Opeth, ma non fatichiamo a tirar fuori dall’abbecedario anche gli Enslaved (qualche attacco ci porta dalle parti delle prove più prog dei norvegesi, che a loro volta ci portavano in altri e più settantiani mondi ancora), e il fatto che l’evoluzione della band sia rimasta costante anche a fronte di una variazione nella sezione ritmica (variazione anche decisiva, visto che Pierre Stam era alle quattro corde sin dalla fondazione della band, nel 2000) fa ben immaginare dunque chi ha in mano le coordinate stilistiche degli In Mourning.
Musicalmente siamo di fronte ad un lavoro composto, scritto ed eseguito in maniera magistrale, che necessita di un buon numero di ascolti per essere pienamente capito e risultare quindi avvolgente come merita, laddove non possiamo non segnalare un miglioramento in fase di produzione (vero tallone d’Achille di “Afterglow”), con delle chitarre quadrate e ben strutturate, e una prova sempre più slanciata in fase di clean vocals. “Garden Of Storms” si dimostra un album nel complesso davvero molto buono, che fa chiudere un occhio su qualche difetto qua e là (alcuni passaggi un po’ scolastici, qualche momento un po’ lungo che si poteva snellire) e che ribadisce la grande bontà del progetto.