7.5
- Band: IN THE WOODS...
- Durata: 01:07:24
- Disponibile dal: 16/09/2016
- Etichetta:
- Debemur Morti
- Distributore: Audioglobe
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La reunion degli In The Woods…, avvenuta ufficialmente nel 2014 e fatta seguire da una stagione di disarrugginimento in sede live, non è certamente importante come quelle delle grandi band del ‘metal/hard rock che conta’ e non è probabilmente paragonabile neanche a quelle di formazioni più underground ed estreme (At The Gates e Carcass, per fare esempi più o meno recenti) ma comunque altamente seguite. La reunion degli In The Woods… va però sicuramente a solleticare sensi e palato di coloro i quali, in quel decennio di magica sperimentazione e innovazione negli ambiti death, doom, black, gothic, dark e progressive che furono gli anni Novanta, si innamorarono dell’imprevedibilità e degli azzardi stilistici dell’avantgarde metal norvegese, perpetrato da formazioni tuttora attive e brillanti, quali Solefald, Arcturus e, rieccoli qua, In The Woods… . I gemelli Christopher e Christian Botteri (rispettivamente basso e chitarra) e il batterista Anders Kobro si ripresentano dunque al via con il quarto full-length della loro carriera, intitolato semplicemente ed enigmaticamente “Pure”. Al nastro di partenza, assieme al terzetto fondatore, ecco il nuovo vocalist/chitarrista/tastierista Mr. Fog, alias James Fogarty, britannico di nascita e crescita; non è più della partita l’istrionico interprete lirico Jan Kenneth Transeth, che plasmò con prestazioni di voce sempre cangianti il suono dei Nostri. E dunque…come si presenta “Pure”? Diciamo subito che l’anima, il nucleo, l’essenza degli In The Woods… sono ancora lì e si possono udire benissimo echi dell’attitudine sperimentale che portò la band alla realizzazione dei capolavori “HEart Of The Ages” ed “Omnio” e del più discutibile ed azzardato “Strange In Stereo”. Poi ci si ferma qui, però. Sì, perchè i rinati In The Woods… sono molto diversi dai vecchi, non lo si riesce a negare: le composizioni sono incredibilmente più orecchiabili e fruibili, la vena progressiva e raffinata è stata sostituita da un approccio al progressive non più tanto originale, ma che ricicla idee proprie degli stessi In The Woods… così come soluzioni care ad altre band novantiane. Il riffing, a tratti, ricorda da molto vicino Paradise Lost (la title-track), Katatonia (per qualche giro ‘a cascata’) e Novembre (per gli stacchi acustici), mentre una sana dose di groove si è impossessata nevroticamente dei ragazzi, unita a ritmiche di batteria quadrate e semplicistiche, che donano epicità e marzialità a composizioni comunque vincenti; l’atmosfera globale, mentre in passato comprendeva surrealismo, gelo e passeggiate su tombe di cristallo, oggi da una parte ci risulta più lugubre e decadente, un po’ à la Type O Negative spogliati del loro black humor (“The Recalcitrant Protagonist”), e dall’altra parte abbiamo un epos quasi guerriero che, anche con l’ausilio di cori di stampo folk, ci presenta i Borknagar come ulteriore riferimento (“Mystery Of The Constellation”). Chiaro, fin qui, nonostante le belle parole, pare che il nostro giudizio sia più una critica negativa al nuovo lavoro dei norvegesi, ma in realtà, sebbene le peculiarità dei Nostri si siano evidentemente diluite in un sound più sui generis e meno elitario, queste sono invece ancora riscontrabili nelle dieci tracce componenti “Pure”. L’uso dei synth e delle tastiere, arpeggi tetri e bui, l’espressività di Fogarty – che per buona parte sotterra il teatralismo di Transeth -, la ripresa di pochi-ma-buoni spezzoni blackish: il passato è presente nell’attuale incarnazione degli In The Woods…, che riescono a tirare fuori dall’ispirazione canzoni profonde, immediate e traslate di prepotenza nel nuovo millennio conservando una punta di retrò novantiano che fa da collage con il resto della loro carriera. “The Cave Of Dreams”, “Towards The Black Surreal”, la già citata “Mystery Of The Constellation” e il crescendo poderoso della lunga strumentale “Transmission KRS” sono gli episodi a nostro avviso maggiormente convincenti, posti in rilievo all’interno di una collezione di pezzi assolutamente piacevole e godibile. Non più al livello forse irraggiungibile dei suoi masterpiece storici, il combo norvegese si ripropone comunque sulla scena con un platter di alto livello.