7.0
- Band: IN VAIN
- Durata: 00:58:34
- Disponibile dal: 11/03/2013
- Etichetta:
- Indie Recordings
- Distributore: Audioglobe
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Gli In Vain si sono presi il loro tempo per pubblicare il nuovo “Ænigma”, vuoi perché comporre brani così difficili ed articolati come quelli dei norvegesi non è mai facile, vuoi perché nel frattempo tutta la band – ad esclusione del singer Kristian Wikstøl – ha dovuto prepararsi ed imparare il repertorio dei Solefald; Cornelius e Lazare infatti hanno scelto proprio gli In Vain quale backing band del loro primo, attesissimo tour. Tornando all’album, dobbiamo dire subito che ancora una volta i Nostri hanno compiuto un buon lavoro, sebbene il nuovo platter risulti inferiore ai precedenti “The Latter Rain” e “Mantra”. Se l’esordio aveva colpito per la freschezza compositiva ed il successivo lavoro per l’eterodossia musicale in esso contenuta, questo “Ænigma” punta tutto su melodie marcatissime e su una pomposità sinfonica mai così magniloquente. Senza dubbio i ragazzi non si sono presi rischi di nessun tipo – a differenza di quanto accaduto su “Mantra” – pubblicando un classico lavoro di black death progressivo, sinfonico ed avanguardistico, che rimanda senza dubbio ai Solefald (peraltro Cornelius e Lazare sono presenti in veste di guest), ma anche ai Borknagar e – perché no? – a certi Dimmu Borgir. Come detto il tasso melodico è veramente altissimo e perfino nei brani più estremi quali “Image Of Time” o “Times Of Yore” non si rinuncia all’hookline orecchiabile o a qualche inserimento atto ad alleggerire il tutto. A questo punto molto meglio ascoltarsi le tracce che dichiaratamente esigono passaggi più meditati, come l’iniziale “Against The Grain”, con i suoi momenti vicini addirittura al pop inseriti su una struttura avant black, oppure “Hymne Til Havet” che farà la gioia degli estimatori di Vintersorg e che in un chorus fin troppo stucchevole si avvicina addirittura ai Týr. Molto bene “Culmination Of The Enigma”, con un gran lavoro di tastiera da parte di Sindre Nedland, mentre più anonima (perlomeno per il genere trattato) risulta “Rise Against”, graziata ancora dai tasti d’avorio di Nedland. “To The Core” è un evitabile attacco in doppia cassa che solo nel finale trova cose interessanti da dire grazie ad un break micidiale che richiama i Borknagar. La conclusiva “Floating On The Murmuring Tide” è un buon brano, estremamente pomposo e strutturato come quasi tutto il resto dell’album, e ci congeda in maniera più che degna da un lavoro iperprodotto, saturo di orchestrazioni ma che alla fine lascia leggermente delusi. Ci pare insomma che gli In Vain abbiano ignorato la loro spinta propulsiva ed innovativa e si siano adagiati su un avanguardismo di maniera (scusate l’ossimoro) mascherato dietro un suono multistrutturato ed esagerato. Speriamo che sia solo un piccolo momento di appannamento dovuto ai molteplici impegni e che già dal prossimo lavoro si torni a sperimentare e ad osare di più. A conti fatti, comunque un buon lavoro.