7.5
- Band: IN VAIN
- Durata: 01:00:57
- Disponibile dal: 19/04/2024
- Etichetta:
- Indie Recordings
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Difficile iniziare una recensione in modo originale, ormai, per una band che riappare dopo un periodo di assenza. ‘Eterni ritorni’ l’abbiamo sicuramente già usato, ‘ci eravamo quasi dimenticati di loro’ anche, quindi stavolta possiamo più prosaicamente dire che il precedente capitolo degli In Vain è ormai del lontano 2018, l’ambizioso “Currents”. Non che i precedenti capitoli lo fossero meno, visto che la band norvegese ha sempre fatto della complessività e della contaminazione di generi la propria bandiera.
In ogni caso, per chi non è avvezzo agli In Vain, si tratta di una formazione che ha mantenuto negli anni quasi per intero la caratteristica di live-band dei Solefald di Cornelius e Lazare: in questo momento parliamo di quattro sesti dei musicisti coinvolti, più il batterista Tobias, turnista per Ihsahn, e il cantante Andreas. Stiamo quindi parlando di personaggi più o meno giovani che partono con curriculum di tutto rispetto, oltre alla parentela diretta di Sindre Nedland, fratello minore del Lazare dei Solefald.
Spacciata la pratica biografica e professionale (che implica ovviamente prestazioni strumentali eccellenti da parte di tutti), ciò che gli In Vain propongono da praticamente sempre è un progressive death-black metal dalle aperture folk, intese come continuazione della scuola di Vintersorg, Borknagar, In Mourning e degli stessi Solefald.
La seconda caratteristica portante del suono deiNostri è una attenzione alla produzione, da sempre moderna e raffinata, al punto da farci desiderare che molti spunti degli In Vain si possano trasferire nel nuovo corso dei Soilwork, band che amiamo ma che non ha sempre trovato la quadra in un mondo sonoro più ampio del death-thrash melodico della prima parte di carriera.
Immaginatevi quindi in “Solemn” composizioni strutturate e complesse ma non cervellotiche, basi di chitarra che spaziano dal death metal più o meno melodico sostenute da voci in scream, growl e da bellissimi puliti che non possono ancora una volta non far riferimento a Borknagar e Solefald. “Solemn”, se paragonato al precedente “Currents”, è meno arcigno e thrasheggiante, meno indebitato – secondo noi – in quello che stanno proponendo anche i Vreid, e torna invece a viaggiare sulle coordinate di “Aenigma”, il capitolo a cui noi siamo più affezionati.
Ci sono quindi epicità, violenza e sprazzi malinconici nelle composizioni degli In Vain, emozioni alternate con sapienza in una miscela che non può passare nuovamente inosservata. Il brano di apertura, “Shadows Flap Their Black Wings”, è quello, come abbiamo accennato, che vorremmo sentire fare a Strid e soci nei Soilwork; “Season Of Unrest” e “At The Going Down Of The Sun” sfoderano le migliori melodie in pulito di tutto il disco; “Where The Winds Meet” è forse un piccolo manifesto di “Solemn”, dove si incontrano con disinvoltura la prima parte veloce black metal e ariose aperture hard rock sul finale, evidente segno che gli In Vain si trovano proprio a loro agio nel muoversi fra i generi. Da citare infine “Beyond The Pale”, la più vicina allo spirito dei padrini Borknagar.
In conclusione, dopo il discreto e per noi interlocutorio “Currents”, gli In Vain ritornano a centrare il bersaglio con questo nuovo “Solemn”. Chissà se arriveranno mai più in alto di così – professionalmente parlando – o se la band rimarrà sempre una sorta di interludio tra altri impegni dei musicisti, come finora è stato.