7.5
- Band: INDIAN
- Durata: 00:40:23
- Disponibile dal: 21/01/2014
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Defilati, ma sempre puntuali e presenti, gli americani Indian tornano con il loro quinto full-length e secondo per Relapse Records e stavolta fanno un centro clamoroso. Se le loro release precedenti erano ancora tradizionaliste nei confronti del verbo sludge-doom come tutti noi lo conosciamo e vivevano all’ombra di entità insormontabili come Yob e compagnia bella, il nuovo corso della band – che punta tutto su elementi black e noise – li defila in maniera radicale, indirizzandoli su una traiettoria sonora tutta loro e davvero particolarissima, battuta in precedenza, al limite, solo dai grandissimi Laudanum di “The Coronation”. La band di Chicago con “From All Purity” ha creato un lavoro abissale e severissimo, in cui un doom-sludge claustrofobico e martellante, debitore in tutto e per tutto delle nefandezze degli Swans e dei Neurosis più cerebrali e introversi di “Thorugh Silver in Blood”, si staglia contro un backdrop di power electronics scorticante e black metal famelico e sanguinario. Le voci di Dylan O’Toole rimandano al lavoro vocale trucido e morboso di Attila Cshar, creando atmosfere malsane, macabre e surreali, la sezione ritmica erige giganteschi colonnati di beat che cascano cadenzatissimi come martelli giganteschi schiantandosi a terra con una potenza inaudita e alzando polveroni giganti di vibrazioni e onde d’urto, mentre tutto intorno crolla sotto la potenza guerrafondaia di riff di chitarra titanici e monumentali corrosi dal feedback e da una tensione statica perenne e invereconda. Le canzoni scorrono lunghe queste bisettrici immancabili. A tratti la componente noise prevale su tutto il resto come se la band si fosse cimentata in un duetto con i Bastard Noise (vedasi il caso della scorticante “Clarify”), ma tutto il resto sono mazzate giganti e altamente letali di enorme, immondo e catastrofico doom metal intombato in un immenso sarcofago di rumore e deformità noise di ogni sorta. In altri istanti per esempio balzano alla mente le migliori mazzate psichedeliche degli Ufomammut, e i loro riffoni tuonanti avvolti in spessissime nubi di sample e soundscape psichedelici, ma qui calati in vesti ben più violente e oscure. In altri scorgiamo inevitabilmente l’ombra dei pionieri del noise-doom, i Laudanum come accennato, come anche dei maestri assoluti di abissi sonori mossi al rallentatore, ovvero i Corrupted. L’ascolto a tratti diventa estenuante, persino sfiancante, data l’ossessività e la rabbia quasi ipnotica con la quale la band suona (soluzioni più fluide e meno ermetiche avrebbero materializzato il capolavoro), ma non possiamo negare che il nuovo corso della band appare assolutamente esaltante e un qualcosa che va seguito da vicinissimo. Per non parlare dei riff, che sono assolutamente fuori da questo mondo per quanto sono dolorosi.