INFECTION CODE – Alea Iacta Est

Pubblicato il 30/09/2022 da
voto
7.0
  • Band: INFECTION CODE
  • Durata: 00:48:37
  • Disponibile dal: 30/09/2022
  • Etichetta:
  • Argonauta Records

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Alea iacta est. Il dado è tratto. Decisione presa, confini oltrepassati, nessun ritorno, nessuna redenzione.
Questo sembrano dire gli alessandrini Infection Code con il loro ottavo lavoro sulla lunga distanza, “Alea Iacta Est” appunto. Per i nostri portacolori, che seguiamo ormai dall’inizio della loro carriera musicale – è di vent’anni fa, difatti, il corrosivo debutto “Life Continuity Point” – si tratta della prima uscita discografica post-pandemia, e di ciò dobbiamo tenere conto parecchio se consideriamo Gabriele e compari come la compagine quale sono, ovvero una band sempre attenta, ed in un certo senso pesantemente condizionata a livello stilistico, al sostrato sociale, al momento storico, all’umore anticonformista che la circonda ogni qualvolta arriva a dover comporre nuovo materiale artistico. Avevamo lasciato i ragazzi nel 2019, dunque, alle prese con qualche scossone di line-up che aveva portato il penultimo “In.R.I.” ad abbandonare del tutto i reami dell’industrial metal più sperimentale per ri-approdare verso un metal estremo sui generis, tra thrash, death e groove metal, in un’evoluzione diretta a riannodare i fili con il passato più tellurico del gruppo; mai stato leggero, del resto, nella forma e/o nella sostanza attraverso cui esprimere la propria invettiva controcorrente. Per cui, domanda principale che ci siamo fatti nell’attimo in cui abbiamo dato il via al primo ascolto di “Alea Iacta Est”: con l’incazzatura, il degrado e lo sfacelo mondiali derivati dalla pandemia, cosa mai avranno estruso dai loro ribollenti pori questi quattro musicisti?
Be’, rabbia senz’altro. Rabbia più di altro. E poi, a modo loro e senza molta elettronica al seguito, anche tanta nuova sperimentazione. Sperimentazione a livello vocale e di ritmiche, innanzitutto. Perchè se “In.R.I.” si faceva notare per l’accentramento del lavoro compositivo sulle chitarre, per il ritorno alla lingua inglese dei testi e per vocalizzi ‘più thrash che death’, “Alea Iacta Est” segna a suo favore un ulteriore inasprimento delle linee vocali e del timbro di Gabriele Oltracqua, distortissimo, vomitevole, abrasivo e di certo ‘più death che thrash’; in compenso il groove pare aver ripreso in mano maggiormente la situazione ed è la chitarra che, per la maggior parte del tempo, viene costretta a seguire le metriche sempre azzeccate e mai banali di un ottimo ed esperto drummer quale Riky Porzio; e se il basso di Davide Peglia confeziona un eccellente lavoro di supporto e profondità, arriviamo presto a quello che potremmo considerare il punto più cedevole dell’armatura Infection Code indossata per questo nuovo album: si sente che l’elemento centrale di una formazione extreme metal – volenti o nolenti, la chitarra è parte fondamentale di una band di tale estrazione – nei piemontesi non ha ancora trovato la sua necessaria stabilità. Sia chiaro, il riffing è meritorio di lode, fa il suo sporco lavoro e promulga il suo sporco suono all’interno di un blocco di brani che non sono facilmente immaginabili in modo diverso, ma l’istinto, il ‘sesto senso da ragno’ e le oggettive vicissitudini che hanno tempestato di incertezza il posto di chitarrista negli ultimi anni di vita del Codice fanno sì che si abbia questa impressione. Sì, perchè per la seconda volta consecutiva la band si trova a scrivere, creare e registrare un disco con un chitarrista (Rust prima e Max Barbero ora), per poi perderlo a fine lavorazione e sostituirlo con un nuovo elemento (Max Barbero prima e Chris Perosino ora). Se esiste il lato positivo di questo interscambiarsi, ovvero una rimarchevole varietà di idee e sonorità che porta a freschezza ed imprevedibilità stilistiche, esiste ovviamente anche l’altra faccia della medaglia, un andamento ondulatorio poco redditizio in termini di costanza e unità di fondo.
Poco male, comunque: l’anima sofferente, di lotta, di protesta e ribellione, quella visione del mondo cupa, deviata e cinerea che tanto ci piace sono sempre lì, cesellate, scolpite e torturate da una tracklist che mette in fila otto arcigne composizioni di malessere e rancore, monolitiche nel loro incedere lungo un tunnel buio e senza uscita. Dimenticate gli archi e le voci (ospiti) pulite di “In.R.I.”, in quanto le varie “White Rooms”, “World Wide War”, “New Sick Revolution” ed il singolo “Red Death Masquerade” distillano dai loro solchi solo un ossessivo nero pece ed un funebre grigio fumo, segnale inequivocabile che gli Infection Code, ancora una volta, non riescono a morire. E a noi va benissimo così.

 

TRACKLIST

  1. In Perpetual Error
  2. Daily Slavery System
  3. White Rooms
  4. Red Death Masquerade
  5. When The Angst Becomes Noise
  6. Deforming The Future
  7. World Wide War
  8. New Sick Revolution
  9. The Great Destroyer
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