7.0
- Band: INFECTION CODE
- Durata: 00:42:55
- Disponibile dal: 02/06/2014
- Etichetta:
- Argonauta Records
- Distributore: Goodfellas
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Quattro anni sono trascorsi da “Fine”, splendido lavoro di industrial/noise metal personale e multi-sfaccettato, con il quale gli alessandrini Infection Code avevano raggiunto una maturità invidiabile, al termine di un’evoluzione carica di carisma, anti-conformismo e ‘lotta continua’. Il titolo stesso, a dire il vero, ci aveva fatto presagire un qualcosa di definitivo e artisticamente tragico, una sorta di ibernazione catartica che avrebbe portato il quartetto nostrano a ripresentarsi sulle scene soltanto quando, come del resto sua abitudine, avrebbe avuto qualcosa da esprimere, rendere noto e declamare. Gli accenni di risveglio si erano avuti nella pubblicazione dello split con i Deflore, edito dalla Subsound Records; ma ovviamente già in cantiere, all’epoca, era il pieno reboot del combo piemontese, del quale oggi, grazie anche ad Argonauta Records, andiamo a tracciare i subdoli e tremanti contorni, labili psichiatricamente quanto lucidi nella messa a fuoco dell’obiettivo. Con “La Dittatura Del Rumore”, infatti, a parte l’aver plasmato un titolo/slogan che la dice lunghissima sui contenuti della rentrée discografica degli Infection Code, Gabriele Oltracqua e soci si spingono ancora una volta oltre, senza paura di ritorcersi su loro stessi, andando a riscoprire le origini della loro passione e unendole ad un approccio lirico quanto mai caustico, drammatico, spiritato e ‘di condanna’. Rumore è e rumore sia, dunque: dittatura o no, i Nostri prendono il noise, i Godflesh, gli Unsane, i Neurosis, i tribalismi, le voci completamente ‘fottute’ e miscelate, quasi dimenticate, nel muro di suono, le sensazioni di estraniamento, angoscia, ribellione nell’impotenza, rifiuto della Realtà, o meglio…lo sbatterla in faccia; dicevamo: gli Infection Code prendono tutto ciò e se lo modellano addosso scevri di pudore, per un altro pugno compatto e chiuso di brani che non lascia per nulla indifferenti. Assordanti e disturbanti, quasi insopportabili, le canzoni si susseguono una via l’altra riempiendo l’etere di distorsioni estreme, spettri sonori impazziti e macchine in cigolante avaria, permettendo ai mantra allucinati, impuri e contaminati di Gabriele di ergersi a pauroso megafono per generazioni attualmente disperse e barcollanti in un sistema stritolante. Duro da digerire nel suo complesso sferragliante, “La Dittatura Del Rumore” è un album che va ascoltato con pazienza, possibilmente in solitudine e in cuffia, per essere apprezzato nella sua pienezza espressiva e in tutti i suoi significati. Gli Infection Code hanno dimostrato un coraggio superlativo per l’ennesima volta, perseverando nella loro autonomia e ritagliandosi ormai, dopo tanti anni di militanza industrial, un posto di rilievo nel panorama d’elite della scena in questione. Arrivati al quinto album sulla lunga distanza, questi ragazzi sanno ancora mettersi in gioco nonostante le avversità di un mercato, per la loro proposta, certo poco ricettivo. Un doveroso inchino alla coerenza dei Nostri e vagonate di applausi per l’infinita audacia.