7.5
- Band: INFECTION CODE
- Durata: 00:51:32
- Disponibile dal: 17/11/2023
- Etichetta:
- Time To Kill Records
Spotify:
Apple Music:
Continua senza sosta alcuna la seconda giovinezza, la rinascita puramente metallica dei nostrani Infection Code, giunti ormai al nono album sulla lunga distanza, traguardo che li avvicina speditamente all’ambita soglia del disco numero dieci in carriera. Soglia che, se la band procederà convintissima e foriera di ispirazione come in questi ultimi anni, non tarderà ad essere raggiunta.
Nove album, dicevamo, nove album che, se presi a gruppi di tre, possono delineare piuttosto fedelmente la storia musicale di una compagine mai doma al mero business artistico e che ha sempre cercato di portare avanti il proprio verbo extreme metal senza troppi compromessi, anzi diremmo proprio zero. Se i primi tre lavori, difatti, “Life Continuity Point” (2002), “Sterile” (2004) ed “Intimacy” (2007), ci presentarono un gruppo a cavallo tra thrash e death metal schizofrenico imbastardito da fortissime derive industrial e hardcore, il successivo e sofferto terzetto di dischi – “Fine” (2010), “La Dittatura Del Rumore” (2014) e “Dissenso” (2018) – orientò gli Infection Code verso dilatatissimi reami industriali, di protesta visionaria e slogan di battaglia, sonorità personalissime e coraggiose ma anche difficilmente coinvolgenti. Un importante cambio di formazione, poi, ha inaugurato la terza fase del gruppo, quella attuale, carica di avvicendamenti ed instabilità di line-up ma anche frenetica e iper-produttiva, tanto che un ritorno al metallo estremo degli esordi, con molta meno follia psichiatrica e più raziocinio compositivo, è parso quasi d’obbligo: prima “In.R.I” (2019), poi “Alea Iacta Est” (2022) ed oggi questo nuovo “Sulphur” ci stanno offrendo degli Infection Code freschissimi, ringiovaniti ed incazzati con cognizione di causa, proponenti un sound oscuro, cupo come ferro e assolutamente in linea con il thrash-death metal (aggiungiamo groovy, in quanto la batteria di Riky Porzio è sempre costantemente sugli scudi) più valido udibile in giro per il globo.
Perso per strada il bassista Davide Peglia, “Sulphur” segna la prima prova compositiva su disco per il chitarrista Chris Perosino, che per l’occasione si è occupato anche di registrare tutte le linee della quattro corde, affidate ufficialmente al nuovo entrato Andrea Rasore, andato a completare una formazione che, speriamo non ci smentisca a breve, sembra finalmente compatta e ottimamente assemblata. Lo storico vocalist Gabriele Oltracqua completa ovviamente l’armeria targata Infection Code, con il suo timbro roco e mutevole che si insinua sinistro tra le partiture possenti e decise che vanno a formare la tracklist della nuova fatica degli alessandrini.
Come abbiamo sottolineato già in passato, il rapido e poco gradito andirivieni di chitarristi che hanno composto gli ultimi tre dischi dei Nostri se da un lato è stato spiazzante e destabilizzante, dall’altro lato ha creato diversità e gran dinamismo nei contenuti sonori del gruppo. Perosino, coadiuvato da Porzio in sede di scrittura, pare avere trovato il perfetto equilibrio tra tecnica e ‘pacca’, tra groove e velocità, spostando leggermente più verso il thrash metal il riffing medio del lavoro, ma alternandolo con moltissimi ricami death, melodic death e melodic black, oltre alle tonnellate di groove immancabili in un album Infection Code, sempre più in versione retrò ma mai essendolo completamente, sempre dando un occhio al futuro. Occhio di musicisti esperti e legati ad un approccio novantiano alla musica estrema, ma che non risultano mai fuori epoca o addirittura vetusti. Insomma, in “Sulphur” possiamo trovare la sublimazione dei due album precedenti, quello scrigno alla fine dell’arcobaleno che il Codice faticava a trovare.
Grazie ad una produzione ottima, probabilmente la migliore mai avuta, e al supporto della nuova etichetta, Time To Kill Records, la tracklist di “Sulphur” scorre via che è un piacere e, cosa non da poco, cresce con gli ascolti senza perdere di mordente dopo i primi passaggi. Gli arrangiamenti di chitarra sono curatissimi e i dettagli che lentamente si scoprono fruizione dopo fruizione donano profondità al tutto, mentre Gabriele, caustico e freddo come al solito, azzecca alcune delle sue migliori linee vocali. Sono tanti i brani che saltano all’orecchio subito, la qualità è complessivamente molto elevata e i filler sono a zero. Personalmente segnaleremmo “Deleted Error”, “Something Wicked This Way Comes”, la mazzata thrash “Evil Side Of Mercy” e “Protoplasm Hope” quali i nostri brani preferiti, con una menzione particolare anche per la conclusiva semiballata, oscurissima, “Lurking Creepy Love”, pezzo tra i più intensi composti di recente dalla band. La ciliegina sulla torta, naturalmente, è la cover di “Blinded By Fear” degli At The Gates, scelta forse scontata ma assolutamente ben accetta.
Gran bel nuovo lavoro, dunque, per gli Infection Code, che stanno sfornando un disco convincente dietro l’altro e a cui sarebbe ora di dare i doverosi ascolti. Bravissimi.