6.5
- Band: INFERNO (CZE)
- Durata: 00:35:48
- Disponibile dal: 07/05/2021
- Etichetta:
- Debemur Morti
- Distributore: Audioglobe
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Immaginate lo schema visionario dell’inferno dantesco: una voragine di violenza ed orrore, suddivisa in nove cerchi, lungo la quale rimbombano le urla e le frustate del castigo. Bene, questa potrebbe essere la rappresentazione metaforica dei primi lavori registrati dai cechi Inferno. Il black metal aggressivo ed opprimente, deflagrato vent’anni fa nell’esordio discografico, si è però sgretolato nel tempo come fosse un antico affresco dimenticato. Nel 2017, l’uscita di “Gnosis Kardias (Of Transcension and Involution)” segna la svolta sonora della band che abbandona le corazze e tutte le armi bianche in suo possesso, sostituendole con abiti sacerdotali. Il quartetto blackster, pur restando fra i gironi del proprio universo occulto, lascia il campo di battaglia assumendo un ruolo più oscuro ed evocativo. I ritmi indemoniati si stringono nel cappio di atmosfere cupe e ritualistiche che stimolano l’inconscio ed aprono malefici portali. L’ottavo album, intitolato “Paradeigma (Phosphenes of Aphotic Eternity)”, si amalgama finemente all’enigmatica miscela esoterica: nessun ritorno alle origini quindi, ma un’evoluzione mistica di un black atmosferico quasi interamente strumentale. Il nuovo full-length è contraddistinto da sonorità multiformi che, come spettri, si rincorrono in un ambiente tetro ed angosciante. Suoni cadenzati, accelerazioni improvvise e caustici sottofondi si sintetizzano nella metamorfosi di un quadro di Escher: elementi che sembrano spostarsi attraverso infinite direzioni appartengono, in realtà, alla stessa statica illusione. L’ascolto è piacevole, “The Wailing Horizon” sembra voler lanciare l’album verso un’orbita aliena che ruota attorno a ritmiche eleganti e sfarzose, ma il fascino tende ad affievolirsi nel tempo. Diversi specchi sonori si contrappongono tra loro dando origine a riflessi infiniti ed affascinanti ai quali manca la magia della distorsione, il bagliore accecante che non ti aspetti. Ci si ritrova quindi a vagabondare in un cosmo dove immense colonne di fumo investono e confondono il malcapitato che, nella totale cecità, deve trovare l’uscita da questo labirinto sensoriale. La produzione di “Paradeigma…” è ottima, i suoni, ben equilibrati, si propagano uniformemente tra le gallerie del tormento colmando gli spazi vuoti della monotonia. Tutto ciò, però, non incrementa l’attrattiva verso un’opera visionaria che si scontra con una realtà esigente. Una realtà alla quale potrebbe non bastare quello sguardo fugace su un mondo così attraente senza esserne parte integrante.
L’Inferno, a quanto pare, si è svuotato dei propri demoni, migrati sull’orlo di un eterno precipizio: un limbo così buio da non scorgere nemmeno un’anima da torturare.