6.0
- Band: INGESTED
- Durata: 00:45:06
- Disponibile dal: 05/04/2024
- Etichetta:
- Metal Blade Records
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Non accennano a rallentare il passo, gli Ingested, ormai trasformatisi in una macchina da dischi/tour capace di raggiungere con l’imminente “The Tide of Death and Fractured Dreams” il traguardo del settimo lavoro dato alle stampe in altrettanti anni (includendo anche le ri-registrazioni dei vecchi “Stinking Cesspool of Liquified Human Remnants” e “The Surreption”).
Un ruolino di marcia impressionante che, non a caso, ha permesso al gruppo di Manchester di attirare l’attenzione di un colosso come Metal Blade e finire di spalla a vari pesi massimi della scena death metal/death-core con relativo aumento delle entrate e della fanbase, ma che prima o poi si sapeva avrebbe avuto uno scotto da pagare in termini di qualità della proposta. E quel momento – dopo che già “Ashes Lie Still” del 2022 aveva fatto registrare un calo dell’efficacia e della vitalità del songwriting – possiamo dire sia arrivato, riflettendosi nel contenuto di un’opera appannata e comprensibilmente stanca, in cui i Nostri non sembrano fare nulla per nascondere la loro tenuta di addetti alla catena di montaggio.
Tolto l’esperimento in voce pulita della conclusiva “A Path Once Lost”, comunque azzardato e poco riuscito, il resto della tracklist suona infatti come una raccolta di b-side degli album precedenti, scorrendo senza infamia e senza lode verso una sufficienza politica che, dopo quanto mostrato nei vivaci “Where Only Gods May Tread” e “The Level Above Human”, sa effettivamente di passo falso; un ‘more of the same’ non troppo appagante (oltre che un pretesto per ristampare merch e risalire a bordo del tour bus) in cui il mix di frenesia e groove di Jay Evans e compagni si impaluda in costrutti troppo standard per lasciare il segno, con le solite aggressioni ‘a mitraglia’ alternate a parentesi cadenzate a questo giro più banali che distruttive (si pensi pure all’opener “Paragon of Purity”).
Del resto, a costo di essere ripetitivi, è quasi impossibile mantenere alta l’asticella della creatività quando si sposa un’etica lavorativa del genere, e “The Tide…” ne è la riprova: stesso taglio della proposta, stesse scelte a livello di produzione, soliti featuring di prestigio (nella fattispecie, Josh Middleston dei Sylosis e Mark Hunter dei Chimaira), solo in versione più spompa e deconcentrata, per un risultato finale ‘come tanti altri’ in quello che è un filone vastissimo e già di per sé tendente al superfluo.
L’augurio, a questo punto, è che gli Ingested decidano di staccare il piede dall’acceleratore, capendo l’importanza del motto ‘quality over quantity’ per non trasformarsi nell’ennesima band modern death metal di cui nessuno sentiva proprio il bisogno.