7.0
- Band: INHUMAN CONDITION
- Durata: 00:33:00
- Disponibile dal: 15/07/2022
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Massacre e Obituary. Ascoltando “Fearsick”, seconda fatica degli Inhuman Condition, è impossibile non correre lì, ricordarsi e cercare di rivivere le vibrazioni che gli ascolti di dischi come “From Beyond” e “Cause of Death” ci hanno donato. Ad appena un anno dalla pubblicazione del debut “Rat God”, i death metaller statunitensi tornano insomma sul medesimo luogo del delitto, riprendendo le fila di un discorso che sinora ha regalato loro soddisfazioni ampie e per certi versi inaspettate.
Pare che metà della tracklist di questa nuova opera fosse già pronta all’uscita del primo album: ascoltando il materiale tutto d’un fiato, arrivando magari da un pronto ripasso dell’esordio, non fatichiamo a crederci. L’impostazione sonora e l’indirizzo stilistico sono infatti gli stessi, con solo un tono leggermente più cupo a differenziare qua e là questo “Fearsick” dal lavoro precedente. Se quest’ultimo ogni tanto amava poggiarsi su midtempo grassi e baldanzosi, il ritorno dei floridiani trasmette un feeling un pochino più severo e mordace, pur restando saldamente ancorato ai riferimenti succitati. Gli Inhuman Condition non hanno alcun interesse nel compiere un loro viaggio personale che possa coincidere con una ricerca musicale profonda e introspettiva: al contrario, preferiscono mantenere i piedi ben piantati a terra, mentre esaminano le proprie vecchie passioni e le confrontano con un presente irrequieto, dove ancora si parla della loro faida con i Massacre di Kam Lee.
Per questi motivi, “Fearsick” pare giustamente uscire dal 1991, con una serie di brani-tributo a un modo di suonare il death metal sempre più riscoperto e venerato. Canzoni semplici, anche discretamente orecchiabili, interpretate con quella nonchalance necessaria per rilassarsi e concentrarsi su poche cose fatte bene.
Dolcemente rétro e fieramente popolare, il death metal della band americana ogni tanto scade in qualche banalità sin troppo vistosa, ma, nel complesso, sa intrattenere e strappare più di un sorriso, scivolando dritto fino alla fine. Come per il debut, impeccabile la resa sonora, così come l’esecuzione di un trio – Jeramie Kling (The Absence, ex Massacre), Taylor Nordberg (Deicide, The Absence, ex Massacre) e Terry Butler (Obituary, ex Death, ex Massacre, ex Six Feet Under) – che dà veramente l’idea di divertirsi parecchio, tanto che il risultato finale continua a confermarsi migliore delle ultime prove di entrambi i gruppi citati nell’incipit.