8.5
- Band: INQUISITION
- Durata: 00:56:32
- Disponibile dal: 26/08/2016
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Il nuovo album degli Inquisition, terzo full-length in meno di cinque anni, è esattamente quello che potevamo auspicare: la perfetta sintesi di quanto fatto fin’ora dalla band e, senza troppi timori di smentita, la definitiva consacrazione di un gruppo seminale e fondamentale della scena black metal. La componente mistico-esoterica è come sempre fortemente presente, e informa completamente l’album, racchiuso tra una intro di vaghe ascendenze tibetane, “The Force Before Darkness” e un doppio finale: prima l’outro in odore di sacrifici agli dei sotto il nome di “The Invocation Of The Absolute, The All, The Satan”, e poi una coda da brividi, che chiude l’album lasciandoci piacevolmente turbati… e desiderosi di riascoltarlo integralmente. Il primo brano vero e proprio, “From Chaos They Came”, ci immerge subito nei canonici abissi abitati da divinità senza tempo (se non dai Grandi Antichi di Lovecraftiana memoria) a cui Dagon ci ha abituati da sempre, anche grazie alla sua voce priva di emozioni, che accentua l’effetto di un ossessivo e sovrannaturale mantra; retta da un riff circolare e ipnotico, segna efficacemente la via dell’intero full-length, lungo il quale, però, compaiono anche diverse novità, o se vogliamo essere più precisi evoluzioni del loro sound; innanzitutto il ricorso a un cantato più gutturale, quasi gracchiante, in brani come “Vortex From The Celestial Flying Throne of Storms”, che comunque nulla toglie al perverso e fangoso fascino dell’ugola di Dagon. Oppure passaggi più lenti, vicini a midtempo, anche solo per piccole ma efficaci sezioni di brani, come nell’avvio dell’evocativa “A Magnificent Crypt Of Stars”, dove compare anche un peculiare stop-and-go nel bridge vocale. Ma la descrizione di tutti i brani dell’album, francamente, risulterebbe superflua: innanzitutto perché solo leggere i titoli, come sempre, richiede una ventina di minuti, e poi perché non è presente nemmeno un pezzo sotto tono. Altro discorso è l’attenzione che merita l’enorme lavoro svolto da entrambi i musicisti, che qui, ancora più che in passato, riescono a stupirci di come siano solo in due anche in studio: brani come “Wings Of Anu”, o “The Flames Of Infinite Blackness Before Creation” hanno stratificazioni di chitarra che, oltre a creare atmosfere potentissime, potrebbero mettere in imbarazzo gli shredder dell’ultima ora, e analogamente Incubus pesta come un fabbro, senza mai perdere d’occhio però la resa sonora e la capacità di inserire fill-in di gran classe, come nell’esemplare e magniloquente “Power From the Center of the Cosmic Black Spiral”. “Bloodshed Across The Empyrean Altar Beyond The Celestial Zenith”, pur detto da grande fan come chi vi scrive, è insomma l’album più completo e organico fin’ora pubblicato da Dagon e Incubus; il frutto di anni di gavetta e impegno, che sicuramente – come riscontrabile anche in termini di audience live – stanno meritatamente premiando il duo colombiano-americano.