7.5
- Band: INQUISITION
- Durata: 00:45:53
- Disponibile dal: 25/10/2013
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Erano molto attesi, gli Inquisition, dopo il fortunato “Ominous Doctrines of the Perpetual Mystical Macrocosm” del 2010 che, grazie anche ad un’attività live più massiccia (ricordiamo ancora la loro performance a chiusura del Maryland Deathfest 2011), ha fruttato loro una più estesa notorietà e un contratto con la sempre più potente Season Of Mist, dopo anni trascorsi alla corte della No Colours. Dagon e Incubus costituiscono ormai un due ben affiatato, la musica sgorga dai loro strumenti fluida e naturale e la voce di Dagon suona sempre più familiare, nonostante questa rappresenti da sempre un ostacolo per certi ascoltatori. D’altra parte, da tempo il Nostro estremizza l’approccio di Abbath degli Immortal, esprimendosi con una sorta di flebile gracchio che può persino ricordare una rana! Prendere o lasciare, anche se la ricchezza del sound porta comunque molti a chiudere un occhio. Con “Obscure Verses For The Multiverse”, gli Inquisition vanno sul sicuro, ripresentandosi con la formula consolidata negli ultimi “Nefarious Dismal Orations” e “Ominous Doctrines…”, vale a dire un black metal dalle lievi tinte eroiche, giocato del tutto sul particolare lavoro chitarristico di Dagon: un po’ dissonante, un po’ epico, un po’ tradizionale. Grande impegno ed inventiva da parte del musicista, che è consapevole di essere da sempre la vera spina dorsale della proposta, vista la mancanza di un basso o di altri strumenti di supporto, al di là della batteria. Certo, il gusto melodico e il modo di concatenare i riff possono ricordare parecchio i suddetti Immortal, ma gli Inquisition nel corso degli anni sono comunque riusciti a costruire e perfezionare un loro stile, facendo spesso leva su strutture e melodie più catchy rispetto a quelle dei famosi norvegesi. Rispetto al magnifico album precedente, qui le melodie forse sono meno immediate, ma dopo un paio di fruizioni il disco risulterà comunque convincente e riuscito. La vera pecca del lavoro risiede forse in alcuni riff che rimandano sin troppo apertamente a certe soluzioni assai sfruttate negli ultimi due album: Dagon qua e là deve essersi affidato alla nobile arte del copia/incolla per risparmiare un po’ di tempo ed è probabile che i fan più attenti non faranno fatica a scovare tali mezzucci. In ogni caso, non è un dramma, perchè appunto il disco si fa ugualmente ascoltare molto volentieri: basta assaporare la title track, gran midtempo da corna al cielo, per capire che i ragazzi abbiano ancora una buona, se non buonissima, ispirazione dalla loro. D’altronde, riconfermarsi sugli stessi livelli di un’opera come “Ominous Doctrines…” sarebbe stato difficile per moltissime band. Forse gli Inquisition hanno già toccato il loro apice, ma il 2013 li vede comunque presidiare saldamente i piani alti della scena black metal.