8.0
- Band: INSOMNIUM
- Durata: 00:50:26
- Disponibile dal: 24/02/2023
- Etichetta:
- Century Media Records
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Avevamo lasciato gli Insomnium con “Argent Moon”, EP pubblicato nel 2021 e che spingeva sul lato atmosferico della musica della band, tanto da farci domandare come sarebbe stato un intero disco improntato su quei suoni melodici e pieni di malinconia; questa curiosità rimarrà, però, almeno per il momento senza una risposta, poiché “Anno 1696” sembra avere un’identità completamente differente.
Per comprendere come si è sviluppato il nuovo album partiamo dal substrato tematico dal quale la nona opera dei finlandesi ha preso forma: tutto nasce da un racconto scritto dal bassista/cantante Niilo Sevänen ed ispirato ai processi alle streghe di Torsåker (cittadina svedese in cui, in un solo giorno del 1675, settantuno persone furono decapitate e poi date alle fiamme), punto di partenza per narrare una storia in cui si fondono fantasia, orrore, antiche superstizioni e cieco fanatismo religioso. Una cronaca piuttosto cruenta che, probabilmente, ha condotto la band verso atmosfere più cupe ed oscure rispetto a quanto prodotto nel recente passato; ed è stata una scelta ambiziosa ma fortunata, in quanto ha riportato gli Insomnium ad un livello di forma che non si ricordava da lungo tempo, riuscendo a produrre qualcosa di fresco e dinamico, pur rimanendo radicati nelle sonorità che da sempre li distinguono.
I pezzi seguono in modo fedele la narrazione e, quando si tratta di rendere al meglio i momenti più sanguinolenti, i finnici mettono in mostra la versione più tirata del loro death metal melodico, con un growl che, così profondo, non sentivamo da parecchio; ma serviva anche un contraltare, ed è per questo motivo che in alcuni frangenti i ritmi rallentano e le chitarre sono senza distorsione o addirittura acustiche, mentre le voci pulite diventano in realtà dei sussurri che non infondono tranquillità, andando ad ispessire il clima angoscioso, come in “The Unrest”.
L’unico brano in cui sembra filtrare un raggio di luce è “Lilian”, quello in cui si parla della protagonista, come se si provasse pietà per questo essere condannato alla dannazione eterna, ma allo stesso tempo capace di provare amore in una misura che sarà sempre irraggiungibile per gli esseri umani che la perseguitano, invasati e a loro volte accecati da una visione bigotta ed oscurantista. “1696”, il pezzo che ci conduce in questo mondo, è costituito da una lunga introduzione folk che sembra avvisarci dei pericoli a cui andiamo incontro e che si trasforma in una cavalcata con aperture melodiche delle tastiere stile primissimi Amorphis (ed in fondo le due band raccontano storie ambientate nelle stesse terre). In “Starless Path” fa capolino la malinconica immediatezza dei Sentenced, mentre “White Christ”, che vede ospite Sakis Tolis, sembra essere un crocevia tra i primi In Flames e, ovviamente, i Rotting Christ. “Godforsaken”, con la voce delle cantante finlandese Johanna Kurkela, è un altro episodio disperato e struggente, la consapevolezza di non poter invocare nessun dio e di non poter ambire ad alcun tipo di salvezza.
Gli Insomnium possiedono da sempre un suono distinguibile e delle buone idee a livello compositivo, ma spesso ciò non è bastato a mantenere una continuità che, soprattutto negli ultimi tempi, è venuta a mancare. La forma dei tre primi tre dischi magari non ritornerà mai più, ma “Anno 1696” rappresenta un ritorno ad ottimi livelli, nonché il loro miglior prodotto da diversi anni a questa parte.