7.0
- Band: INSOMNIUM
- Durata: 00:23:14
- Disponibile dal: 17/09/2021
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Il nuovo EP targato Insomnium sembra essere una mossa studiata a tavolino sotto ogni aspetto, oppure, volendo essere più suggestivi, una sorta di rituale: quattro singoli da pubblicare con cadenza bimestrale a partire da maggio, per poi arrivare all’approcciarsi dell’autunno, stagione particolarmente amata dalla band, e raccogliere tutto in un unico EP, da realizzare anche in formato fisico. Ecco dunque “Argent Moon”, ennesimo esempio di finnica malinconia: un disco che non rivoluzionerà la carriera dei cinque, contraddistinta da uno standard qualitativo alto anche senza picchi di livello assoluto, ma che ne conferma la capacità di scrivere musica che riesce a colpire nell’animo. E questa volta lo fanno mettendo in mostra i toni più morbidi di tutta la loro discografia: se, infatti, gli interludi acustici hanno sempre fatto parte del suono dei finlandesi, in questo caso essi sono presenti in maniera ancora più copiosa e danno luogo a melodie oscure ed ammalianti. La voce pulita è utilizzata molto più spesso che in passato, con l’ultimo arrivato Jani Liimatainen a fare la parte del leone, mentre il growl di Niilo Sevänen talvolta sembra solo accennato e, in ogni caso, non è il punto focale dei brani. Le tre chitarre si sentono eccome, conferendo profondità al suono e ricamando riff ed assoli. Echi di Amorphis ed Opeth e del loro death metal melodico sono sempre perfettamente udibili, ma l’altra metà del suono degli Insomnium, quella legata ad In Flames e Dark Tranquillity, seppur presente, è qui meno evidente, con il gruppo che mette in mostra il proprio lato più romantico, melodico e, perchè no?, orecchiabile. L’unico pezzo che, in qualche modo, si lega ai suoni asciutti e diretti del precedente “Heart Like A Grave” è l’opener “The Conjurer”, il brano più lungo e strutturato del lotto, mentre le altre canzoni puntano decisamente sull’emozionalità e sull’immediatezza. Certo, non ci si allontana in maniera eccessiva dai territori consueti ma, dopo il concept album “Winter’s Gate” del 2016, ci troviamo nuovamente di fronte ad un prodotto anomalo di una discografia che fino a non molto tempo fa era stata abbastanza eterogenea.
Lo stesso Sevänen, ritornando alla rigorosa programmazione di cui parlavamo ad inizio recensione, ha già dichiarato che il nuovo materiale che verrà composto nel prossimo futuro dalla band sarà più pesante, seguendo una necessità che gli stessi musicisti sentono propria; se così sarà, “Argent Moon” rimarrà un esperimento, non eccessivamente azzardato e che permette alla band di restare all’interno dei propri confini musicali, ma il risultato è di ottima qualità, tanto che sarebbe interessante capire cosa sarebbe successo se queste sonorità fossero state estese ad un album intero.