8.0
- Band: INTER ARMA
- Durata: 01:09:38
- Disponibile dal: 15/03/2013
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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Le nubi nel cielo si diradano, la tempesta è finita, quello che si staglia sotto un pallido sole fin troppo dimenticato prende la forma di un nuovo, interessantissimo album ricco di personalità e creatività. Parliamo del secondo lavoro degli Inter Arma, formazione statunitense fino ad oggi sconosciuta al grande e piccolo pubblico, ma che ora, grazie all’occhio vigile della Relapse, avrà certo modo di far parlare di sè su molte bocche affamate di innovazione e sonorità stordenti. Ancora una volta, a fare da base a questo ben del Diavolo musicale, è il metal estremo; ancora una volta, le molteplici vie che da esso scaturiscono diventano ricchissime di fascino e di assoluta imprevedibilità. Pubblicato in sordina, “Sky Burial” riesce già dal primo ascolto ad incantare con la propria aggressività e con la propria aura apocalittica: una sensazione di catastrofe impossibile da collocare in un determinato contesto temporale, improbabile capire se sia imminente, in corso oppure terminata. Stiamo parlando di un disco drammatico e sfaccettato allo stesso tempo, efficace nell’impastare le disgraziate atmosfere tipiche dei Neurosis con lentissime processioni funebri di un certo stampo stoner/sludge d’oltreoceano, per poi, infine, conferire al tutto una freddezza sonora che non potrebbe trovare altri riferimenti se non tramite le sanguinarie bestialità dei Darkthrone. Un incedere prepotente di devastanti uragani black metal e pesanti ritmiche doom, non eccessivamente aggressive ma piuttosto annichilenti – molte volte vengono in mente anche gli Ulcerate – per poi rimescolare le carte e placare la furia degli elementi con lunghe suite strumentali di speranza e rinascita, pensate in maniera geniale e interpretate divinamente. Per creazione di atmosfere questa band sembra essere inferiore a poche altre in circolazione: un pezzo come “The Long Road Home” esprime desolazione e solitudine a non finire, un crescendo di frustrazione, di senso di incompiuto che esplode in un finale a dir poco spietato. Certe idee possono ricordare anche i Minsk o i Mastodon degli esordi, ma i Nostri sono bravissimi a mantenere una precisa identità e a spiazzare l’ascoltatore; per esempio, nel bel mezzo di un andamento solo apparentemente lineare e costante. Una caratteristica, quest’ultima, che fa del quintetto di Richmond non una semplice e forzata accozzaglia di parti pur sempri efficaci ma comunque riciclate, bensì un vero e proprio manipolo di allievi ammirevoli che, a lezione impartita, sono quasi addirittura in grado di superare i propri maestri. Sembra proprio provenire dalla stessa forza sismica di un terremoto quello che muove la musica degli Inter Arma, indimenticabile come gli effetti catastrofici di una calamità naturale ad alto rischio. Un’esperienza, quella di “Sky Burial”, da godersi al massimo e da non farsi sfuggire per nulla al mondo, forte anche di un’ottima produzione che valorizza ampiamente quelli che sono gli intenti della band. Questa non è la solita mitizzazione di prodotti americani, non è l’erba del vicino di un verde splendente: qui si parla di una cura per la propria musica pensata amatorialmente e con il cuore, ma resa grande da un lavoro collettivo che, ad oggi, molti si sognano. Uno spessore gradioso, una costante e, a volte, irrazionale imprevedibilità, sommati a stralci di genialità compositiva – sentite “Love Absolute” e il suo richiamo fantasmagorico, quasi commovente – sono i principali punti cardine su cui si basa un’opera che potrebbe tranquillamente permettersi di re-inventare generi o sottogeneri. Riprendendo il principio: le nubi si diradano, la tempesta – per ora – è finita, quella che si staglia all’orizzonte sembra proprio essere una band affamata e ricca di cose da dire.