7.5
- Band: INTO COFFIN
- Durata: 01:15:05
- Disponibile dal: 29/11/2019
- Etichetta:
- Terror From Hell Records
Spotify:
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La ricerca dell’estremismo è una costante nel repertorio degli Into Coffin, che dal 2015 vanno a inseguire nei meandri dei mondi death, black e doom metal le soluzioni più pesanti e brumose, per dare vita a composizioni sempre più estenuanti e tiranniche. I quattro brani del nuovo “Unconquered Abysses” vanno ad illustrare programmaticamente l’attitudine della band tedesca, capace di sfornare due tracce di quattordici minuti e due monoliti che addirittura superano i ventitré, per una durata complessiva di un’ora e un quarto. Un magma nerissimo, testimonianza sincera e senza alcuna sovrastruttura della temerarietà del gruppo, che qui senza dubbio propone il suo materiale più intenso e sfibrante. In questo secondo full-length, gli Into Coffin superano ogni limite a livello di fervore, spaziando tra rallentamenti solenni e violenti attacchi in episodi lunghissimi dove il succitato ibrido death/black/doom viene ulteriormente rielaborato per diventare il mezzo migliore per sfogare la propria frustrazione e per affermare la propria ambizione. Variegata, eppure coesa nelle atmosfere e nei cambi di registro, nonché spesso trainata da riff che vanno piacevolmente per l’impatto più diretto, la musica di “Unconquered…” possiede un’intensità, un’urgenza e una sincerità rimarchevoli: per allestire tracce tanto lunghe il gruppo ricorre appunto a diverse soluzioni, variando spesso ritmiche e orientamento, tuttavia tali puntuali variazioni non danno mai l’impressione di essere state prese a caso da un altro disco e inserite a forza in questo. Di certo ci si accorge del passare dei minuti, così come risulta difficile negare il fatto che qualcosa qua e là avrebbe potuto essere limata e condensata almeno un po’, ma la resa complessiva dell’opera è comunque convincente: nel loro peregrinare in questo suono saturo di tormento, i tedeschi appaiono assolutamente credibili e a loro agio, come se per loro proprio non esistesse l’idea di strutture più asciutte. Una produzione calda, chiara e potente – senz’altro la migliore della carriera degli Into Coffin – dona infine ulteriore impatto alla performance: potere scandire distintamente il lavoro di chitarra, basso e batteria induce certamente grande vicinanza e muove dunque a una più rapida affezione nei confronti dei brani. Chi ha a cuore le gesta di Esoteric, Incantation, Spectral Voice e Fuoco Fatuo è caldamente invitato a misurarsi con questo concentrato di alienazione.