INTRONAUT – Fluid Existential Inversions

Pubblicato il 26/02/2020 da
voto
7.5
  • Band: INTRONAUT
  • Durata: 00:53:04
  • Disponibile dal: 28/02/2020
  • Etichetta:
  • Metal Blade Records
  • Distributore: Audioglobe

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Al sesto album, il suono degli Intronaut prosegue la sua metamorfosi nella direzione di un’impeccabile, finemente decorata, scultura progressive metal; proteiforme, cangiante, rocciosa, rimodellata partendo da alcune formule consolidate nei dischi appena precedenti, per estendersi verso altri lidi, colmi di grazia e melodie cristalline. Per molti aspetti, il classico lavoro di labor limae, che data la qualità degli interpreti, l’intelligenza posta nel songwriting e la conoscenza enciclopedica del genere di competenza, consentono ancora una volta al gruppo americano di non deludere le aspettative. Gli ultimi anni non sono stati facilissimi per la compagine di Los Angeles, l’allontanamento del batterista Danny Walker per le accuse di violenza domestica ricevute dall’ex fidanzata non hanno sicuramente giovato né alla serenità dei musicisti, né ha favorito un piano di lavoro lineare e conciso nei tempi. Alla fine, per fortuna, non ci sono stati veri sbandamenti – e con tutta probabilità i tempi di realizzazione di “Fluid Existential Dimensions” si sono dilatati per i motivi appena accennati – fatto sta che con l’entrata in line-up del nuovo batterista Alex Rudinger (nel suo curriculum Whitechapel, The Faceless, Threat Signal) i quattro sono potuti entrare in studio e dare finalmente un seguito a “The Direction Of Last Things”. Album rispetto al quale si notano evidenti similitudini, pur riscontrando un approccio maggiormente votato alla quiete, alla leggerezza e una tensione all’idea moderna di prog ancora più marcata.
La produzione, bilanciata e dettagliatissima, risuona non così tonante come nell’immediato predecessore, la provenienza dal circuito sludge-core si fa sfumata e non così decisiva nell’orientare le sorti delle canzoni. Capitasse a un ascoltatore qualsiasi di avvicinarsi solo con “Fluid Existential Dimensions” alla musica degli Intronaut, senza conoscere nulla della loro storia, potrebbe addirittura prenderli per una derivazione in chiave estrema di uno dei tanti gruppi nel catalogo Inside Out, per dire. Se le parentesi rarefatte e sognanti presentano diverse analogie con quelle che già conoscevamo, le transizioni fra le parti più dure e urgenti e quelle dilatate e ad alto tasso di melodia avvengono attraverso stacchi nient’affatto bruschi, andando a tutto vantaggio della compattezza dell’insieme. Non che in “The Direction Of Last Things” o “Habitual Levitations (Instilling Words With Tones)” ci fossero incongruenze che minassero il disegno complessivo, però i mutamenti di atmosfera erano netti e vi era spesso presente una ruvidezza quasi assente nel nuovo album. Ciò a vantaggio di una vivacità delle chitarre soliste che in alcuni frangenti si riconnette a virtuosi come i Between The Buried And Me o gli ultimi Protest The Hero, a creare un zigzagare inebriante e coerente con le invenzioni di Rudinger, che non fa rimpiangere il suo predecessore né, d’altronde, provoca una reale discontinuità col suo operato.
Si attenua inoltre la rabbia immessa nelle vocals, già assai ammansite del resto nelle pubblicazioni recenti. Anche qui, comunque, non possiamo che sottolineare come a prevalere siano i registri tenui e gli intrecci di voce principale e seconde voci contribuiscano a quel clima sognante, ma con brio e dinamismo, che caratterizza il disco nella sua interezza. Il ruggire dello sludge, condito da un sapiente uso delle poliritmie, ha il ruolo di facilitare l’ingresso nel mondo colorato degli Intronaut, aventi il grosso merito di comporre canzoni vaste, articolate ma mai avare di impatto e di elementi di facile presa. A tutto questo ben di dio, in fin dei conti, difetta giusto quel pizzico di ardore e impeto che li faccia passare dal rango di ottimi musicisti, a quello di leader di un movimento: infatti, quella patina di eccessivo perfezionismo che gli Intronaut portano con sé non riesce proprio a dissiparsi col passare degli ascolti. “Fluid Existential Dimensions” è l’ennesimo ottimo disco sfornato da Sacha Dunable e compagni, non un capolavoro né l’opera che potrebbe mutare l’orientamento del pubblico nei loro confronti.

TRACKLIST

  1. Procurement of the Victuals
  2. Cubensis
  3. The Cull
  4. Contrapasso
  5. Speaking of Orbs
  6. Tripolar
  7. Check Your Misfortune
  8. Pangloss
  9. Sour Everythings
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