9.0
- Band: IRON MAIDEN
- Durata: 00:37:42
- Disponibile dal: 14/04/1980
- Etichetta:
- EMI
- Distributore: EMI
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Gli Iron Maiden, sicuramente la band più acclamata, celebrata e influente della NWOBHM, debuttano nel 1980 con il loro primo, omonimo full-length. In realtà, la storia della Vergine di Ferro parte da molto più lontano, se si pensa che il bassista Steve Harris l’aveva fondata nel 1975 e che prima di giungere alla formazione che avrebbe poi registrato l’album il gruppo aveva già subito innumerevoli cambi di line-up (tra gli ex membri si contano almeno otto chitarristi, un paio di cantanti, tre batteristi e persino un tastierista). In quel lasso di tempo, gli Iron Maiden erano riusciti a registrare un demo alla fine del 1978, l’ormai leggendario “The Soundhouse Tapes”, composto di tre brani (non disponendo dei soldi per produrne un quarto, che pure era stato registrato), con una formazione che vedeva già, insieme ad Harris, anche Paul Di’Anno e Dave Murray. Con questa line-up, più Tony Parsons alla chitarra, la band aveva registrato poi altri due brani, “Wratchild” e “Sanctuary”, inclusi successivamente nella mitica compilation “Metal for Muthas”, pubblicata nel febbraio del 1980: a questo punto, la nascita della NWOBHM è ormai ufficiale. La formazione è però ancora tutt’altro che stabile e anche il batterista di allora, Doug Sampson, abbandona per motivi di salute, perciò a lui subentra Clive Burr, mentre Denis Stratton prende il posto di Parsons. La line-up destinata a registrare il primo album è così finalmente completa.
Ci si potrebbe stupire per le grandi difficoltà e la lunga gavetta sostenute dalla band prima di incidere il disco, ma bisogna tenere presente che all’epoca registrare non era certo facile come lo può essere oggi: occorreva uno sforzo economico non indifferente, e questa possibilità veniva concessa solo a chi se lo meritava davvero. E nel momento in cui gli Iron Maiden venivano messi sotto contratto dalla EMI erano già delle piccole star dalle loro parti, dato che – pur non avendo ancora inciso alcun album – godevano di unanimi consensi e ogni loro concerto andava tutto esaurito. Da non sottovalutare, inoltre, il fenomeno punk nell’Inghilterra degli anni ’70, che in quel periodo rappresentava un altro elemento di difficoltà: le band heavy metal faticavano ad affermarsi e molte di esse non trovavano spazi dove venisse concesso loro di esibirsi dal vivo. Ci vorrà appunto la New Wave Of British Heavy Metal di realtà come gli Iron Maiden per spazzare letteralmente ed inesorabilmente via il punk. Su questo punto ci sembra doveroso soffermarci, perchè su “Iron Maiden” si è scritto e detto di tutto, ma una sorta di luogo comune che sembra essersi diffuso da qualche tempo è che questo primo album abbia subito delle influenze punk o che addirittura possa essere definito un album punk rock. Prendiamo con forza le distanze da assunti di questo genere. Probabilmente, tali paradossali conclusioni sono dovute al fatto che i riff presenti su “Iron Maiden” sono in linea di massima alquanto semplici, o forse al fatto che Paul Di’Anno, prima di unirsi a Harris e compagni, aveva militato, tra le altre, anche in una band punk. Si tratta però di affermazioni che, oltre ad essere oggettivamente inconsistenti, sono addirittura antistoriche, perchè è indiscutibile che la NWOBHM (Iron Maiden compresi) si sia posta in netta contrapposizione al punk: una sorta di reazione, di totale antitesi, nei confronti di un genere imperante nella cultura giovanile dell’epoca, rispetto al quale si è voluto offrire un’alternativa ben precisa.
Fatte queste precisazioni, possiamo dire che “Iron Maiden” è un gran bel disco, che poco ha da invidiare alle successive produzioni della Vergine di Ferro. Si distingue più che altro per un approccio più diretto dei brani, subito evidente con l’opener “Prowler”, una traccia irruenta e travolgente, con un bel basso in evidenza. Più lenta ed atmosferica “Remember Tomorrow”, che vede accendersi di lampi heavy nel ritornello, prima di esplodere in una bellissima cavalcata con inebrianti assoli che vanno poi a riprendere gli arpeggi iniziali. Un pezzo semplicemente splendido, al quale segue quella che forse potremmo considerare la prima hit della band, vale a dire “Running Free”, con la sua ritmica travolgente, il suo ritornello ormai famosissimo ed una splendida prova vocale da parte di Di’Anno. Portentosa anche “Phantom Of The Opera”, la traccia più lunga dell’album (oltre sette minuti), con diversi passaggi strumentali di grande effetto: sicuramente è difficile trovare dei debut album con dei brani di tale spessore. Ma non finisce qui, perché è la volta di “Transylvania”, strumentale irresistibile e di grande impatto, con ottimi duetti tra i due chitarristi; più melodica ed atmosferica “Strange World”, un po’ sulla scia di “Remember Tomorrow”, che si distingue subito per i suoi emozionanti assoli: in effetti, può notarsi come su quest’album le lead guitar siano in generale straripanti, probabilmente anche per assecondare le caratteristiche di Denis Stratton, chitarrista che di lì a poco lascerà la band e che di certo avrebbe meritato miglior fortuna. Si ritorna decisamente su sonorità più heavy con “Charlotte The Harlot”, con uno stacco centrale melodico e sognante, che lascia poi spazio ad un assolo indiavolato per poi riprendere lo schema iniziale di strofa e ritornello. La chiusura è affidata al brano che dà il nome al gruppo e a questo capolavoro, che ha segnato il debutto di questa straordinaria band, destinata a diventare una delle più importanti dell’heavy metal ed un caposaldo imprescindibile del genere. Tutto è partito da qui: semplicemente “Iron Maiden”.