7.5
- Band: IRONSWORD
- Durata: 00:46:33
- Disponibile dal: 19/05/2015
- Etichetta:
- Shadow Kingdom Records
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A cavallo fra gli ultimi anni del ventesimo secolo e i primi del ventunesimo l’epic metal stava vivendo una piccola rinascita, con l’emersione dall’underground di validi gruppi legati al sound arcano dei Manilla Road, ai Bathory di “Hammerheart” e “Twilight Of The Gods”, ai Warlord e alle scorribande degli Omen in “Battle Cry” e “Warning Of Danger”. Un’ondata di suoni eroici e fierissimi che ha avuto nei Doomsword la sua interpretazione più ispirata, ma che accanto ad essi ha trovato altri nerboruti cavalieri in grado di rapportarsi senza tanti complessi di inferiorità ai giganti del passato. Tra costoro, vanno sicuramente annoverati i portoghesi Ironsword, rimasti ancorati a una dimensione prettamente underground in tutta la loro ventennale storia. “None But The Brave” è solo il quarto full-length per il terzetto di Lisbona e colma un vuoto di sette anni, tanti ne sono passati da “Overlords Of Chaos”. Un tempo ben sfruttato dai Nostri per raccogliere le idee e ripresentarsi al proprio pubblico in splendida forma: il nuovo disco è, in perfetta tradizione epic metal, un’opera senza tempo, valorosa e accostabile tematicamente – si veda anche la barbara copertina – ai mondi fantasy di Conan. Proprio questa umanità da alcuni critici definita ‘bambina’, ancora in fasce nel pensiero se pensiamo ai modi bruschi, istintivi, brutali, con cui agiscono i personaggi dei libri di Howard, può essere vista come la trasposizione narrativa delle gesta musicali degli Ironsword. Ogni traccia rifulge di un’epicità elementare, battagliera, con poco spazio dedicato a riflessività e misticismo; si vive perennemente in guerra, le spade roteano nell’aria e mozzano teste, braccia, gambe. Il sangue scorre a fiotti, lordando polverosi terreni mentre tutt’attorno strepiti, urla di dolore e bestemmie formano una cacofonia di versi più animali che umani. Il carattere truce delle liriche risuona stentoreo nella vocalità ruvidissima di Tann, epigono credibilissimo di quel Mark Shelton che ha segnato come nessun altro lo stile dei portoghesi. Tann è anche protagonista di una splendida prova chitarristica, dove mantiene un filo conduttore melodico molto marcato anche nelle parentesi più concitate, agendo in modalità similari a quelle di un altro caposcuola dell’epos in musica, Kenny Powell. Alla pari del chitarrista statunitense, lo strumentista lusitano fonde benissimo pesantezza, densità e un minimo di orecchiabilità, così che l’immediatezza non debba andare a scapito dell’impatto, e viceversa. L’ottima produzione, bilanciante tocco vintage, pulizia esecutiva e rocciosità, dà adeguato spazio alle linee di basso Harrisiane di Jorge Martins; il suo quattro corde ha sovente il compito di trascinatore, slegato dal semplice sostegno alla chitarra e autore di piccoli assoli di notevole gusto. Completa l’inebriante quadretto una batteria potentissima, dai pochi fronzoli e votata all’attacco sempre e comunque; anche in questo caso, l’obiettivo di distruzione è centrato in pieno. “Forging The Sword” è l’opener perfetta per un disco grondante pathos come questo: ritmata, veloce ma con moderazione, dotata di un riff principale incalzante, un basso mutevole e fantasioso, un cantato che mescola affabulazione e incitamenti con pari efficacia. “Kings Of The Night” si muove su coordinate simili, insistendo su un refrain ancora più glorioso e facendoci capire che non si andrà mai fuori dal seminato per l’intera release. Una semplicità di pensiero, quella degli Ironsword, che non va intesa quale sintomo di pressapochismo: i tre portoghesi parlano il linguaggio schietto dell’heavy metal più verace che vi sia in circolazione, sciorinando riff uno più bello dell’altro e una prova ritmica ottima nella sua essenzialità. Se poi si presta attenzione alla metrica delle singole strofe, all’incastro con le ritmiche, a dove sono posizionati i chorus e al loro sviluppo, ci si renderà conto di quanta arguzia e conoscenza del genere siano state infuse per dare un senso compiuto ai brani e arrivare al cuore dell’ascoltatore. Non mancano momenti singoli particolarmente riusciti: si pensi all’assolo di “Betrayer”, la marcia inesorabile di migliaia di soldati evocata dal minaccioso crescendo di “The Usurper”, il solismo malinconico della meditativa “Cursed And Damned”, solo per citarne alcuni. L’unico limite di “None But The Brave” è l’assenza di grossi punti di rottura nell’intera tracklist: quasi tutte le canzoni si caratterizzano per tempi medio-veloci vivaci, che non soffrono assolutamente di staticità ma non subiscono sostanziali modifiche nel passaggio da una traccia all’altra. Quando si arriva all’ultima manciata di pezzi un po’ di ripetitività la si avverte, non per uno scadimento del valore dei singoli episodi, quanto per l’inamovibilità delle strutture e del riffing. Ecco, un “Open The Gates” o un “Resound The Horn” restano per ora su un altro pianeta, ma se siete disperatamente alla ricerca di epic metal vecchia scuola, “None But The Brave” è l’album che fa per voi.