7.5
- Band: IRREVERENCE
- Durata: 00:38:37
- Disponibile dal: 01/04/2024
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Nel 2020, la pubblicazione dell’EP “Scapegoat” lasciava presagire l’imminente uscita di un nuovo album da parte degli Irreverence, nel frattempo tornati in azione dopo alcuni cambi in sede di line-up.
Sono invece trascorsi quattro anni da quell’ultima release: un lasso di tempo, coinciso con i vari intoppi causati dalla pandemia, che ha comunque permesso alla thrash-death metal band milanese di pianificare con maggior calma e perizia i passi successivi, dando così vita al qui presente “Forsaken”, il quale si delinea come un lavoro che va ben oltre il semplice nuovo disco, salendo di diritto tra gli episodi meglio riusciti nella carriera del gruppo tricolore, guidato come sempre da Ricky Paioro, in compagnia dell’eterno amico Davide Firinu, e dei due ultimi innesti, Andrea Sangalli al basso e Marco Colombo alla chitarra, entrati in formazione proprio nel precedente “Scapegoat”.
Sostenuto da una produzione assolutamente dignitosa, così come dalla gotica e desolante cover, “Forsaken” si presenta coma una perfetta fotografia del mondo attuale: sclerotico da una parte, rinunciatario dall’altra, costantemente in lotta per trovare una sorta di via di uscita. Stati d’animo abilmente riportati in musica dagli Irreverence, bravi a mescolare costantemente le carte in tavola, riuscendo ad inserire quel tasso di melodia ‘grooveggiante’ all’interno dei classici riff in chiave thrash (seguendo con maestria la linea transoceanica che unisce Exodus a Kreator), costruendo in definitiva un muro tondeggiante sul quale schiantarsi dolcemente. Restare al passo coi tempi, rimanendo fedeli alla vecchia scuola: impresa non facile soprattutto in un genere tacciato spesso di essere rimasto intrappolato nel passato, incapace di evolversi, nelle vesti di perenne boomer.
Ma risiede proprio in questa capacità la formula vincente della band meneghina: brani come “Pit”, “Buried Alive” (la migliore del lotto), “Faceless”, la stessa title-track o la conclusiva “Scapegoat” (già presente sull’omonimo EP ma rivista per l’occasione) sono il chiaro esempio di come si possa riscuotere interesse senza puntare per forza sulla sperimentazione esasperata da un lato, o su uno stantio revival dall’altro.
In questo gli Irreverence sono stati in grado di assemblare nove episodi (otto se vogliamo fare i precisi) compatti e massicci, senza snaturare la proposta principale e storica della band stessa, inserendo nel contempo quella marcia in più utile al buonissimo esito finale dell’intero operato.