ISKANDR – Vergezicht

Pubblicato il 05/10/2021 da
voto
7.5
  • Band: ISKANDR
  • Durata: 01:03.46
  • Disponibile dal: 24/09/2021
  • Etichetta:
  • Eisenwald Tonschmiede
  • Distributore: Audioglobe

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Complice il passaggio a un’etichetta di discreto peso, all’alba del terzo album emergono dall’underground più spinto gli Iskandr, duo composto dai membri di band che hanno già saputo segnare positivamente il sottobosco black olandese (Fluisteraars, Solar Temple, Nusquama).
Non è solo il cambio di label il punto di forza di “Vergezicht”, un disco fatto di brani lunghi – mai sotto i sette minuti di durata – e intensi, che non arrivano mai a mostrare il fianco alla ripetitività, ma riescono anzi a conquistare l’ascoltatore su più livelli. Al di là della tradizionale triade metal basso-chitarra-batteria, l’organo e gli strumenti campionati, ben presenti, creano un mondo avvolgente, che gode anche di una dimensione estremamente struggente; il cantato prevalentemente lancinante e la batteria quadrata (nonostante diversi inserti che testimoniano la classe di M. Koops) non creano contrasti con questa sensazione di sospensione nel tempo e nello spazio, anzi: sono gli altri due vertici di un triangolo epico e insieme visionario, all’interno del quale gli Iskandr si muovono come bardi e guerrieri insieme. Ci sono altresì arpeggi affascinanti che aprono diversi brani, o fanno capolino nei momenti più sfrenati, a equilibrare l’impatto e insieme intensificare la dimensione emotiva (come nella monumentale “Verbod”). Si capisce bene che gli Iskandr hanno fame di decantare le loro creazioni; pur in assenza dei testi, le sonorità a metà strada fra un’oscura marzialità e un gusto folk, e titoli come “Gezag” o “Bloeddraad” (cioè, rispettivamente, “Autorità” e “Filo Di Sangue”) non lasciano dubbi verso il tipo di approccio e narrazione a cui guarda questo duo. Non a caso, rispetto alla già descritta matrice vocale, O. gioca efficacemente su registri variegati, funzionali a offrire “voci” differenti e dunque più evocative, ricorrendo anche a cori, presumibilmente sovraincisi.
Sono decisamente eccessivi i paragoni con i Neurosis e i King Crimson tirati in ballo nelle note di presentazione, anche se un certo gusto insieme prog e sperimentale emerge in diversi brani (la parte centrale di “Bloeddraad” su tutti), mentre il richiamo proposto a band come Enslaved e Bathory (“Baken”) può rendervi l’idea del tipo di mondi dipinti dalla band: ove i popoli del Nord, in senso lato data la loro provenienza, raccontano dell’epoca in cui dominavano i mari, e lo fanno a colpi di sferzate black, delicate atmosfere viking (distanti da qualunque odore di fiera paesana) e non pochi rallentamenti doom, a tratti quasi acidi (“Gewesten Der Tijd”), che si innestano gli uni sugli altri senza scossoni. Ne è un esempio perfetto la conclusiva “Het Slot”, una vera e propria suite in quattro movimenti, dove si passa dall’epica al bucolico attraverso una lunga sessione di riff serrati e un bridge praticamente sludge, tutto in perfetto equilibrio.
Un disco solido e sorprendente, sicuramente intenso, che invita a ripescare i dischi precedenti della band, e a tenerla ben d’occhio in futuro.

TRACKLIST

  1. Gezag
  2. Bloeddraad
  3. Gewesten Der Tijd
  4. Baken
  5. Verbod
  6. Het Slot
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