7.5
- Band: IXION
- Durata: 00:44:33
- Disponibile dal: 30/10/2017
- Etichetta:
- Finisterian Dead End
Spotify:
Apple Music:
Terzo lavoro per gli eterei doomster francesi Ixion, che dopo lo stupendo “To The Void” del 2011 ed il meno convincente “Enfant De La Nuit”, risalente a soli due anni fa, approdano sui nostri schermi con questo “Return”, che, dandone un giudizio estremamente sintetico e lapidario, si pone al preciso crocevia dei suoi due predecessori. La musica lenta ed introspettiva della formazione bretone, sebbene sempre ariosa e rivolta verso i misteri della volta celeste e lo spazio oltre il suo limite, ondeggia sinuosa e pacata tramite coordinate malinconiche e suadenti, lontanissima da attrattive pestilenziali e mortifere che diversi loro colleghi che imperversano nella scena doom mondiale sono soliti proporre. Lo stile degli Ixion prende al 50% da influenze metalliche – dark, doom e doom-gothic, in prevalenza – e per l’altro 50% da ambient ed elettronica, generi ai quali il mastermind Julien Prat è evidentemente devoto: partono da pattern di tastiere, loop electro o dilatati espedienti ai sintetizzatori, difatti, le composizioni degli Ixion, che hanno in melodici e nostalgici contrafforti di chitarre elettriche non esattamente il fulcro portante della loro musica, bensì un più semplice e scarno accompagnamento. Tanto che, al termine del piacevole ascolto di “Return”, difficilmente resterà impresso un riff doom e cadenzato: molto più facile ci si rammenterà di un girettino evocativo di chitarra solista oppure di un motivetto accattivante suonato con tasti bianco-neri. Sta qui la chiave per capire “Return” e una band come gli Ixion. E’ un metallo oscuro, sì, il loro, ma assolutamente originale e, paradossalmente, leggero. Le voci growl, rispetto al passato più catacombale di “To The Void”, sono state nettamente ridimensionate ed oggi il pulito, un dolce e lamentoso pulito, imperversa lungo tutto il disco. L’album, nonostante non ci vengano fornite informazioni in merito, pare quasi essere proprio il contraltare opposto del debutto già succitato. Anche la copertina ed il titolo ci fanno riflettere in merito: “To The Void” narrava del viaggio di una popolazione terrestre decimata verso l’incognita salvezza dello spazio profondo, descritto da una cover buia e stellata, con nebulose blu a lambirne i confini; ora, ecco il significativo titolo “Return” ed una copertina che, nella parte più alta, riprende il cielo punteggiato da stelle di “To The Void”, per poi trasformarsi in un ammasso informe e denso di nuvole richiamante l’atmosfera terrestre. Rispetto al più debole “Enfant De La Nuit”, il trio composto da Prat, Yannick Dilly e Thomas Saudray ha meglio inquadrato le proprie volontà compositive, non tornando del tutto all’eccezionale oscurità del debutto, ma riuscendo comunque a correggere le brutture e le troppe mielosità del lavoro seguente, grazie ad un lavoro d’arrangiamento, di ricerca melodica e di buongusto davvero rimarchevole. L’afflato progressivo e dolciastro che emanano gli Ixion è vicino, per citare due riferimenti calzanti che ci sono venuti in mente, all’esplorazione cosmica dei conterranei Monolithe e al Devin Townsend più delicato e soft, quello capace di creare brani elegantissimi e innocui, ma toccanti, come ad esempio l’indimenticabile “Divine”. L’incrocio di synth, tastiere e incedere solenni e onirici proietta l’ascoltatore in un specie di Purgatorio spaziale, dove al dolore della perdita s’associa spesso il tepore del sollievo e della dimenticanza. “The Ocean”, “Contact”, “Back Home” e “Out Of The Dark” ci sembrano i momenti più ispirati di un platter che non stanca mai, seppur la sua fruizione non sia del tutto spensierata. Una band atipica, che conferma il suo interessante status e risolleva la testa dopo un secondo album di transizione. Da ascoltare nelle giornate in cui volete ricordare qualcuno perdendovi nelle vostre memorie.