7.5
- Band: JAAW
- Durata: 00:38:18
- Disponibile dal: 26/05/2023
- Etichetta:
- Svart Records
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Cosa succede quando quattro amici provenienti da band diverse uniscono le forze per cazzeggiare senza impegno e omaggiare le band che hanno amato? Spesso il risultato sono uscite anonime e di cui ci dimentichiamo presto, ma quando siamo fortunati escono dischi come “Supercluster”.
I Jaaw non ambiscono forse al titolo di ‘supergruppo’ in termini di fama smisurata dei loro membri, ma se guardiamo alle band in cui sono coinvolti i quattro, è evidente che abbiamo a che fare con musicisti curiosi e che hanno il loro peso in ambito alternative (in senso lato): Andy Cairns (Therapy?), Jason Stoll (Mugstar, KLÄMP, Sex Swing), Wayne Adams (Death Pedals, Big Lad, Petbrick) e Adam Betts (Three Trapped Tigers, Goldie, Squarepusher), che descrivono questo progetto mettendo nel carniere talmente tante influenze da sembrare sospetti prima dell’ascolto.
Ministry, Godflesh, Lightning Bolt, Entombed, NEU! sono solo alcune delle band citate come riferimento, e la cosa bella è che torna tutto: le otto tracce di questo esordio sono un sincero e fresco omaggio agli anni Novanta con particolare attenzione all’industrial e al noise. Ci vengono da aggiungere anche altri nomi come Jesus Lizard e Shellac, e soprattutto torna alla mente l’esperimento dei Battles, magari più in termini di formazione della band e approccio che non strettamente musicali. E come non citare l’ombra lunga di Bjork negli spunti elettronici e rumoristici che si palesano qua e là, come confermato dall’eccellente cover di “Army Of Me” posta in chiusura? Abbondano le ritmiche serrate, quasi motorik in certi passaggi e i riff abrasivi ma al tempo stesso accattivanti; e se è forte l’alone dei Ministry più acidi e lenti (periodo “Filth Pig”: ascoltate per esempio “Reality Crash”) e delle distorsioni di Justin Broadrick, fanno spesso da contraltare momenti psichedelici a tinte oscure, in particolare nei due allucinati segmenti centrali: “Total Protonic Reversal” e “Bring Home the Motherlode, Barry” sono ottimi trip per chi al flower power preferisce scuotere la testa con un ghigno. A completare il quadro le voci filtrate – a cura di Cairns e Adams – donano una sensazione di disagio divertito e cazzone molto godibile, seppur non manchino momenti soffocanti, che danno ben forma alle liriche a tema horror composte dai due (“The Dead Drop”).
È un album che si ascolta tutto di un fiato e che al tempo stesso non sparisce dal giradischi velocemente, specie se siete cresciuti amando la libertà espressiva degli anni Novanta: si può chiedere di più?
https://www.youtube.com/watch?v=5fnlZ7Biprc&pp=ygUEamFhdw%3D%3D