7.5
- Band: JAZ COLEMAN
- Durata: 01:26:50
- Disponibile dal: 29/11/2019
- Etichetta:
- Spinefarm
- Distributore: Universal
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Se si escludono le collaborazioni con Anne Dudley e qualche sparuto concerto, anche in concorso con altri musicisti, potremmo quasi dire che Jaz Coleman è il direttore d’orchestra con meno pubblicazioni a suo carico. Parliamo infatti di una manciata di registrazioni in oltre trent’anni di carriera, una carriera che per inciso lo vede da tempo nel ruolo di compositore residente per l’Orchestra Sinfonica di Praga; ha inoltre ricevuto innumerevoli commissioni dalle più prestigiose orchestre e fondazioni del mondo, oltre al titolo di Cavaliere delle Arti e delle Lettere dal Ministero della Cultura francese, quindi non certo di un nome sconosciuto al mondo della musica classica contemporanea. Eppure, da sempre insofferente alle regole e all’adorazione del pubblico anche per quest’altra faccia della sua carriera musicale, ha molto limitato, appunto, le uscite discografiche ufficiali, arrivando oggi a questo tributo alla sua band di origine. Ben distante dalle rivisitazioni da rock sinfonico che aveva in passato dedicato in passato a Led Zeppelin, The Doors e Pink Floyd, qui opta per una riscrittura puramente orchestrale di alcuni brani iconici dei Killing Joke, i cui arrangiamenti possono essere vagamente riportati a Mahler e al noto amore che da sempre Jaz ha per il compositore austriaco. Il taglio delle rivisitazioni è coerente con il misticismo che pervade la vita di Jaz Coleman in ogni sua manifestazione, quindi il ridondante titolo “Magna Invocatio: A Gnostic Mass For Choir And Orchestra Inspired By The Sublime Music Of Killing Joke” ben rende l’idea del contenuto; gli arrangiamenti sono molto delicati, con il prevalere delle sezioni d’archi, frequenti innesti d’arpa e qualche tocco affidato ai legni (l’oboe in primis) a replicare occasionalmente le linee vocali presenti nelle versioni originali. I brani restano piuttosto riconoscibili, naturalmente alla luce di un suono insieme magniloquente e bucolico, e non soffrono dei principali difetti di questo tipo di operazioni: pensiamo ai concerti con l’orchestra dei Deep Purple o agli “S&M” proposti dai Metallica. Qui, al di là di una preesistente e sedata matrice rock, è evidente l’attenzione e la ricchezza posta da Coleman, quasi si fosse approcciato a opere completamente originali. Numerosi i passaggi eloquenti della cifra stilistica di Coleman e rimarchevoli in termini musicali; citiamo tra questi la cupa resa sinfonica di “Intravenous”, il crescendo d’archi presente su “You’ll Never Get To Me”, il ricorso al coro – che quando si innesta sui violini, come in “Invocation”, ricorda i componimenti da camera di Shostakovic. Anche se non mancano tracce con la leggerezza di talune colonne sonore (per esempio “Into The Unknown”, si resta mediamente lontani da una patetica rivisitazione dei brani in versione “popolare”. Il lavoro funziona sia per i fan dei Killing Joke, almeno più accaniti, che possono riscoprire gli elementi di pregio presenti in nuce in alcune tracce prescelte; anche minori, a ben vedere: per esempio “Honour The Fire”, esaltata in questa versione sognante. Ma anche gli appassionati di musica classica possono accostarsi senza la sensazione di ascoltare un progetto di inutile accostamento tra mondi musicali diversi, esperimenti opinabilmente messi in atto da diversi personaggi eccellenti, specie della lirica. In chiusura è anche presente una composizione originale: un andante a organico quasi completo in tre movimenti, che offre il meritato gran finale alla St Petersburg Philharmonic, compagna di viaggio di questo lavoro del Maestro Coleman.