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- Band: JERRY CANTRELL
- Durata:
- Disponibile dal: //2002
Spesso l’apparenza inganna. Spesso si crede di avere di fronte l’anima di un gruppo ed invece ci si accorge di stare semplicemente ascoltando una voce: il ruolo del frontman è proprio questo in fin dei conti… ma poi, sovente, la vera anima è altrove. Jerry Cantrell si era stancato della sua Alice Incatenata, si era stancato dei continui eccessi dell’allora frontman Layne Staley, gli eccessi che lo hanno poi portato a una separazione dall’Alice molto lenta e velata. Sta di fatto che nessuno ha mai detto “Oggi si sono sciolti gli Alice In Chains”, cosa che ha suscitato nel nostro un tale rancore da fagli tirare fuori un album che suona molto più southern del classico sound AIC, pur mantenendo spesso un opprimente intimismo che lascia intuire quanto Jerry Cantrell si fosse in passato allontanato da se stesso. Oggi, cambiata etichetta e chiusa definitivamente la ‘storia’ con gli AIC, la morte di Layne Staley arriva durante il missaggio finale dell’album, e quel che ne vien fuori è un lavoro oscuro, intimista, pesante, quasi soffocante. Difficile analizzare l’album senza pensare agli Alice In Chains: qui se ne sente l’anima, si respira la stessa aria di allora, lo stesso alone oscuro, le stesse note pregne di pessimismo, sebbene manchi l’aura magica dell’epoca, quella capacità compositiva che solo in occasioni e tempi particolari si acquista e che in alcuni casi non torna più. Non avremo mai una nuova “Would”…Certo, l’album non è una copia di quanto già proposto dalla più importante, forse, band della scena di Seattle, ma è subito evidente la piega presa dall’andamento delle canzoni: fondamentalmente non viene presentato nulla di nuovo se non una riedizione di vecchie idee che, pur restando godibili, possono risultare congeniali per lo più a chi sperava ancora in certe sonorità, e non in noiosi cloni. Un album Dedicato soprattutto a chi ha adorato gli Alice In Chains, ma anche agli altri non farebbe male ascoltarlo…