8.0
- Band: JESS BY THE LAKE
- Durata: 00:41:11
- Disponibile dal: 07/06/2019
- Etichetta:
- Svart Records
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Dietro al nome d’arte di Jess c’è una ragazza che all’anagrafe risulta Jasmin Saarela. La quale oltre a saper cantare benone è positivamente affetta da irrequieto poliedrismo artistico e non è appagata da quanto finora prodotto con Jess And The Ancient Ones e la loro controparte più quieta, l’enigmatico divertissement The Exploding Eyes Orchestra. Jess è di nuovo tra noi con il suo ensemble solista, attorniata da musicisti completamente diversi da quelli degli altri suoi progetti. Siamo lontani dal materiale di “The Horse And Other Weird Tales” e “Second Psychedelic Coming: The Aquarius Tapes”, dimenticatevi viaggi astrali, effetti straniati, esplosioni allucinatorie; la Saarela qui indaga e reinterpreta suoni hard basilari, mettendo assieme rock, blues, soul e dark, estrapolando una miscela splendidamente personale e molto autentica. Retrò, senza ammiccare ad alcuna corrente né omaggiare un artista ben preciso.
In comune con gli altri dischi che vedono Jess protagonista, sentori di magia aleggiano sull’intera tracklist. Pur muovendosi in una pacata atmosfera notturna, le canzoni emanano un sottile potere incantatorio, merito di una vocalità ambivalente, potente, dal timbro unico. Una voce quasi ‘nera’, lavata dalle torbide acque malinconiche di uno dei famigerati mille laghi delle lande finniche. Come se il Mississippi affluisse nel lago di Tampere. E per far sì che tale legame e contaminazione sia assai stringente, in “Under The Red Light Shine” lo strumento principale diventa il pianoforte Wurlitzer, suonato dalla Saarela stessa. Il saltellio agitato delle note di piano rimanda alla musica dei saloon, alla nascita del rock’n’roll, solo che questi umori festosi e leggeri vengono catturati da un’eterna notte, ammansiti e adombrati da linee vocali stuzzicanti sortilegi, in grado di suscitare mistero oppure evocare un tristo romanticismo.
L’hard rock teso e stentoreo del singolo “Nightmare” è solo una delle facce dell’album, che nella titletrack si fa apprezzare per raffinate contaminazioni gospel (una coralità leggera e suggestiva) e in chiusura riprende la visionarietà psichedelica, attraverso l’astratto viaggio sensoriale di “Interstellar”. Il gruppo non si risparmia, dietro un apparente minimalismo si celano brani impregnati di spirito prog settantianio, se non prettamente nelle sonorità, nel modo di disciplinare gli strumenti e di scombinare i punti di riferimento. Il ricettacolo di soluzioni delle tastiere, spudoratamente incentrate su venature organistiche, dona un’aura straniante a composizioni che per alcuni aspetti sono molto terrene e semplici – le chitarre soprattutto – e per altri risplendono dell’umoralità capricciosa ma lucidissima della cantante. Le fusa di piano e voce emesse in “The Wait” e nel rapito disincanto di “Halo (Ghosts in The Flames)” – quest’ultima ideale per una serata chic in un jazz club – si legano a impennate folk pitturate di colori densi e scuri: nulla è troppo cupo, niente è manifestamente allegro. Un abile processo di sottrazione può lasciare a dialogare le sole tastiere e voce, regalandoci attimi di incanto magnifici, fughe nell’etereo difficili da dimenticare. In qualità di crooner trasognata, la Saarela non teme confronti (il dark rock mistico di “Legacy Crown” lo testimonia magistralmente) e plasma a suo piacimento sia i momenti sostenuti che quelli molto cheti, dando coloriture cangianti anche a passaggi apparentemente anonimi. “Under The Red Light Shine” non sfigura al cospetto degli album di Jess And The Ancient Ones e The Exploding Eyes Orchestra, rappresenta il lato nascosto della personalità di un’artista fra le più brillanti del panorama rock underground al femminile.