7.0
- Band: JESUS PIECE
- Durata: 00:29:23
- Disponibile dal: 24/08/2018
- Etichetta:
- Southern Lord
- Distributore: Goodfellas
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C’era una certa curiosità intorno all’uscita di “Only Self”, debut album dei Jesus Piece, soprattutto per due motivi: il primo è che si tratta del primo vero disco per il gruppo di Philadelphia dopo una serie di EP molto ben accolti nell’underground; il secondo perché gli statunitensi esordiscono direttamente per una label nota come la Southern Lord. In effetti, quando l’etichetta di Greg Anderson dei Sunn O))) si muove, un minimo di attesa si fa sempre sentire. D’altronde, si sta parlando di una casa discografica che, insieme a Relapse, Profound Lore e Dark Descent, ha in un certo senso riscritto le regole del panorama estremo degli ultimi anni, contribuendo a fare uscire dal sottobosco tante realtà ormai importanti.
Tuttavia, la singolarità principale di “Only Self” è che – proprio come i lavori dei compagni di etichetta Xibalba e Power Trip – non sembra un’uscita prettamente Southern Lord; di sperimentalismo avanguardistico non vi è granchè in quest’opera. Del resto, da qualche tempo l’etichetta californiana ha avviato anche una linea più ignorante che tende a dare spazio ad artisti particolarmente concreti e brutali. I Jesus Piece rientrano a pieno titolo in tale filone grazie ad una proposta che si allinea su un fosco hardcore/metal vicino a certi canoni dei tardi anni Novanta, così come a formule più moderne che si stanno rapidamente facendo largo fra le masse. Ci troviamo alle prese con una specie di sintesi tra lo stile di vecchie glorie come Disembodied e Martyr A.D. e quello spigoloso ibrido a base di metal-core e di industrial portato avanti dai giovani Harm’s Way.
La tracklist si dipana tra percussioni metalliche, timidi tocchi di atmosfera e digressioni strumentali che vengono puntualmente violentate da enormi breakdown. Questi ultimi a volte finiscono per seguire pattern molto abusati, ma per ogni ingenuità si segnala per fortuna anche un intelligente uso della melodia in alcuni spunti maggiormente rarefatti, nei quali le atmosfere si fanno asettiche e persino dark (“In The Silence”, “II”). A tratti la precisa scelta stilistica di usare un riffing scarno e di puntare su trame mosh senza fronzoli manifesta dei limiti, ma nel complesso “Only Self”, seppur con alcuni alti e bassi, rimane un lavoro interessante, nel quale i ragazzi statunitensi danno prova di una certa coesione e di un impatto innegabile. Nel complesso, la tracklist di questo loro album di debutto denota una profondità e un equilibrio che i ben più celebri Code Orange hanno solo sfiorato con la loro ultima opera. Si percepisce un onirismo oscuro e minaccioso in alcune di queste trame e la speranza è che i Jesus Piece riescano ad approfondire il concetto all’appuntamento con l’album numero due.