JETHRO TULL – The Zealot Gene

Pubblicato il 22/01/2022 da
voto
7.5
  • Band: JETHRO TULL
  • Durata: 00:46:49
  • Disponibile dal: 21/01/2022
  • Etichetta:
  • Inside Out

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Fino al 2003 il percorso artistico di Ian Anderson procedeva su due binari ben distinti: da una parte la sua creatura principale, i Jethro Tull, una colonna portante del rock inglese assurta ormai al ruolo di leggenda pur con i mille cambi di line-up e gli alti e bassi degli anni Ottanta; e poi una carriera solista, coerente con la sua storia, eppure al tempo stesso ben distinta e distinguibile. Proprio il 2003 è un anno particolarmente emblematico, visto che segna l’uscita di due album: “The Christmas Album”, a nome Jethro Tull, è un bellissimo omaggio alla stagione invernale con una band in stato di grazia; “Rupi’s Dance”, invece, è un disco più minimale, con le chitarre acustiche in primo piano e piccole canzoni acquerellate, suonate con raffinatezza ed ironia. Da quel momento, le cose si fanno più nebulose: qualche anno dopo i Jethro Tull formalmente si sciolgono, Ian Anderson perde il suo braccio destro storico, il chitarrista Martin Barre, e sembra quindi convinto nel portare avanti semplicemente la sua carriera solista. I confini che prima erano ben visibili, però, si fanno sempre più fumosi: Ian Anderson pian piano inizia a costruire una continuità con la storia dei Jethro Tull, prima pubblicando il seguito di “Thick As A Brick” nel 2012 e poi arrivando pian piano a trasformare la sua band solista nei ‘nuovi’ Jethro Tull, con tanto di tour celebrativo del cinquantennale.
Perchè, dunque, ci siamo dilungati in questa introduzione biografica? Perchè di fatto, sebbene sulla copertina di “The Zealot Gene” troviamo stampato il nome dei Jethro Tull, quello che abbiamo tra le mani è in tutto e per tutto un nuovo album solista di Ian Anderson, suonato con i musicisti che lo accompagnano già da anni e caratterizzato da quelle coordinate sonore che possiamo trovare negli lavori pubblicati dal cantante negli ultimi vent’anni. Ian Anderson è ormai un signore di settantaquattro anni e quindi non stupisce trovare delle canzoni che spingono sempre meno sull’energia del rock, per poggiarsi invece sulle chitarre acustiche, sul suono caratteristico e riconoscibile del suo flauto, oppure sulle orchestrazioni del tastierista John O’Hara. Da questo punto di vista ci è parsa molto buona la scelta dei primi singoli: “Shoshana Sleeping” è arrangiata con gusto, con una melodia di flauto particolarmente incisiva; “Sad City Sisters” potrebbe essere una outtake di “Rupi’s Dance”; mentre “The Zealot Gene” vira su tonalità più cupe, con un parziale irrobustimento del sound. Tra i brani migliori, poi, citiamo anche “The Betrayal Of Joshua Kynde”, impreziosita da un bel lavoro al pianoforte di O’Hara, e soprattutto “Mine Is The Mountain”, brano dalle atmosfere bibliche, cadenzato e maestoso senza mai scadere nell’eccesso di enfasi.
Se, dunque, il buon Ian Anderson ci sembra ancora convincente, come autore e come musicista, se dovessimo invece porre l’attenzione su ciò che non funziona in “The Zealot Gene”, la risposta starebbe proprio nella band, o meglio nell’assenza di una band vera e propria. Intendiamoci, tutti i musicisti coinvolti sono dei professionisti e ottimi musicisti, ma appare evidente come il loro ruolo creativo sia ormai marginale e, se potessimo ascoltare le registrazioni demo dell’album, non saremmo stupiti nel trovare degli arrangiamenti pressoché identici. Soprattutto il chitarrista Florian Ophale ci è sembrato piuttosto evanescente e forse non è un caso che abbia deciso di concludere con queste registrazioni la sua esperienza con i Jethro Tull per avviare un suo studio di registrazione e dare una sterzata alla sua carriera. Peccato, perchè con una chitarra più incisiva “The Zealot Gene” avrebbe potuto essere ancora più convincente. Al netto di questa scelta stilistica, comunque, il ritorno di Ian Anderson è assolutamente positivo e non avrebbe senso oggi cercare qualcosa che possa rivaleggiare con veri e propri capolavori come “Aqualung” o “Thick As A Brick”. Piuttosto che un imbarazzante tentativo di replicare il passato, meglio un lavoro come questo, dignitoso, elegante e riflessivo.

 

TRACKLIST

  1. Mrs Tibbets
  2. Jacob's Tales
  3. Mine Is The Mountain
  4. The Zealot Gene
  5. Shoshana Sleeping
  6. Sad City Sisters
  7. Barren Beth, Wild Desert John
  8. The Betrayal Of Joshua Kynde
  9. Where Did Saturday Go?
  10. Three Loves, Three
  11. In Brief Visitation
  12. The Fisherman Of Ephesus
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